Stati modificati di Coscienza

DSC_4178

LO PUBBLICO ANCHE QUI. ANCHE SE STO CERCANDO DI MIGRARE SU http://www.unaltrosguardo.it

Da moltissimi anni sono molto interessato e coinvolto nello studio degli stati modificati di coscienza. Preferisco chiamarli “stati modificati” anziché “alterati” per la semplice ragione che quest’ultimo aggettivo presuppone intrinsecamente una leggera connotazione negativa. Mentre stati modificati secondo me rende maggiormente l’idea di una variazione, spontanea o indotta, dello stato di coscienza. Si parla anche, nei casi più estremi, di “stati di allucinazione” e “stati di trance”, quando la modificazione porta alla percezione, sempre più forte, di altre realtà oppure di cose inesistenti.

L’argomento è ben poco conosciuto, nonostante tutto. Nonostante siano passati quasi 70 anni dalla scoperta dell’LSD e siano stati fatti innumerevoli studi riguardo al tema degli stati modificati in genere, si sa ancora poco su di essi, anche perché l’argomento non può essere trattato come qualcosa a sé, bensì deve essere riferito a quello che è in generale la coscienza nel suo insieme, anche quando non sopraggiungano modificazioni. Lo psicologo Charles W. Tart, della Stanford University, parla nei suoi lavori di stati modificati rispetto a uno stato di coscienza di base preso convenzionalmente come punto di riferimento. Egli stesso spiega chiaramente due cose. In primo luogo come non si possa parlare di stato di coscienza, per così dire, normale, ma si possa solo pervenire a stabilire quale sia uno stato di coscienza di base, dal quale partire per indurre modificazioni. In secondo luogo spiega come tali modificazioni possano essere solo di natura “discreta”, ovvero procedano a piccoli salti, come dei gradini di cambiamento da uno stato all’altro. Come avviene per gli stati energetici delle particelle subatomiche e per la distribuzione di massa nell’universo, che non sono continui, ma, per l’appunto, discreti.

Il tema in oggetto è stato più volte affrontato da studiosi, dalla letteratura, dai media, ma tutto sommato è ancora molto poco conosciuto, anche se fa ampiamente parte della storia dell’uomo. Stati modificati, soprattutto legati a credenze e religioni, sono descritti da libri antichissimi, soprattutto sacri o religiosi, come i Veda, la Bibbia, il Popol Vuh e molti altri. La disciplina dello yoga e le discipline psico-spirituali in genere sono proprio basate sulla ricerca scientifica della modificazione della coscienza. Questo accade proprio perché è del tutto intuitivo il fatto che, per percepire realtà più profonde e supernormali, non è sufficiente agire con i normali strumenti della coscienza di veglia più o meno accettata come quella standard. Occorre riuscire ad espanderla per poter percepire qualcosa d’altro. Uno dei dibattiti più accessi dalla notte dei tempi ad oggi è se questo qualcosa sia di natura reale oppure no. Naturalmente questo dilemma se ne trascina dietro un secondo immediatamente. Ovvero: cos’è la realtà? Cosa possiamo definire come realtà?

Mentre impazza la polemica che forse potrà pervenire e una soluzione o forse no, una cosa che chiunque può fare è la sperimentazione personale. Con lo yoga, la meditazione profonda, la meditazione trascendentale, ma anche con la danza, il teatro e mille altre discipline.

Gli stati modificati, in ogni caso, sono generalmente considerati dall’opinione pubblica, standardizzata e nutrita di disinformazione televisiva e altre droghe tecnologiche e mediatiche, come un tabù, qualcosa da cui stare alla larga. Specie se questi stati modificati sono indotti da droghe di vario genere.

E qui entriamo nel delicato e in uno dei temi più controversi e misconosciuti degli ultimi due secoli.

Baudelaire e i suoi amici, riconosciuti dalla letteratura ufficiale come grandi scrittori, non fumavano l’hashish, bensì lo ingerivano. Con questo tipo di assunzione gli effetti perdurano più a lungo. Erano forse i primi, nella società occidentale moderna, a fare uso di droghe, in aperta polemica con gli standard dei benpensanti dell’epoca. Tutte le altre occasioni passate nelle quali si utilizzavano stupefacenti erano legate a culture che le accettavano normalmente come facenti parte dell’insieme di usanze e comportamenti. Questo vale per le civiltà antiche di Roma e della Grecia, dell’India e molte altre. Lo stesso vale per le sostanze utilizzate dalle streghe, ancora in epoca storica, come la Datura, l’Aconito, la Belladonna e il Giusquiamo, che erano legate a precedenti culture (come per esempio quelle celtiche e nordiche) sopraffatte e spazzate via da quella occidentale. Al di là dell’utilizzo di droghe, in queste culture, la modificazione dello stato di coscienza era vista come normalissima e per lo più legata alla ricerca spirituale e all’afflato religioso. Solo nella nostra cultura occidentale tale ricerca viene vista come il diavolo ed è ufficialmente repressa e perseguita.

DSC_3833

La ragione è semplicissima: modificare lo stato di coscienza permette di allargare la propria visuale e di osservare le cose da punti di vista differenti. Permette inoltre di percepire realtà diverse che spesso mettono pesantemente in discussione tutta l’impalcatura sulla quale si regge, malferma, la traballante costruzione schiavista della civiltà occidentale. Una delle prime cose ad essere vietate in qualsiasi regime totalitario, di destra, di sinistra, di sopra e di sotto, sono sostanze stupefacenti e movimenti spirituali, a meno che non si conformino al potere costituito e gli tengano bordone. Come, per esempio, la chiesa cattolica con il fascismo e lo shintoismo con il governo di destra giapponese dello stesso periodo.

La repressione, paradossalmente, è ampiamente aiutata dai produttori e spacciatori di droghe sintetiche, come cocaina, morfina, eroina, ecstasy, crack, colle e altre schifezze simili, continuamente aggiornate o inventate. La spaventosa diffusione di questi veleni è dovuta principalmente a una enorme richiesta. Richiesta amplificata da un altrettanto enorme disagio, ma che parte da una necessità, probabilmente innata nell’esser umano, per l’appunto di modificare lo stato di coscienza. Tale necessità, misconosciuta o comunque repressa, ha portato nei decenni alla situazione spaventosa che vediamo oggi. Ovvero milioni di persone dipendenti da sostanze chimiche di sintesi, che non fanno altro che aspettare la morte dopo aver passato una vita di fallimenti dopo fallimenti, ma soprattutto all’insegna di una totale mancanza di amore.

Se ci fate caso spacciatori e luridi mafiosi  e narcotrafficanti vari fanno i loro business solo ed esclusivamente da droghe sintetiche. Sostanze di sintesi come la cocaina e l’eroina, che derivano sì in origine da piante come la coca e il papavero, ma che sono del tutto manipolate. Unica eccezione la marijuana, anch’essa però ultimamente abbondantemente manipolata. Gli allucinogeni potenti non hanno un mercato nero parallelo, poiché sono troppo impegnativi e non si possono assumere solo per divertimento. Le droghe comunemente spacciate sono perlopiù narcotici o stimolanti e non allucinogeni.

Ai cervelli totalitari questa situazione fa molto comodo, poiché possono additare un folto gruppo di persone come i drogati cattivi da sterminare e dei quali non seguire l’esempio. Mettendo in tale calderone chiunque assuma qualsiasi sostanza. Senza peritarsi di approfondire e capire che ci sono differenze profonde. Anziché peritarsi di capire per quale ragione tanta gente provi disagio, cerchi di fuggire chimicamente oppure cerchi, maldestramente, di esplorare le infinite possibilità della coscienza, oppure faccia della seria ricerca psico-spirituale.

Anche un ghiro alcolizzato si rende conto che assumere intrugli chimici velenosi sia assurdo. Purtroppo questo accade poiché chi ha bisogno di aiuto viene abbandonato a se stesso da questo sistema di merda ed essendo le droghe vietate, punto e basta, si lascia in totale balia della delinquenza comune o organizzata la loro produzione e distribuzione. I risultati li conosciamo tutti: veleno, morte, violenza, miliardi per produrre altra violenza, prostituzione, armi, ulteriore controllo, addirittura inquinamento pesante di quello che potrebbe anche essere un sistema capitalista sano. Un sistema perfetto per chi vuole controllare con la violenza e la paura tutta la situazione.

In tale sistema l’impiegato e il dirigente benpensanti fanno la loro grossa parte, voltandosi per non guardare o additando i cattivi e crogiolandosi nel loro ben-essere fatto di altre droghe come la televisione, le auto e il calcio, che loro non percepiscono come tali, ma come chissà quali figate.

In ultima analisi, spesso, le persone che hanno disagi o semplicemente cercano amore o solo di capire di più sul senso della vita, rimangono soli. Ma disgraziatamente per il potere economico-culturale che l’ha messa nel culo a milioni di persone per decenni, le cose oggi stanno cambiando. Sono ormai numerosi in tutto il mondo i gruppi di ricerca culturale, sociale, spirituale, che si stanno dimostrando in grado di far fronte a questa situazione disperata e di cambiarla.

DSC_4157

In tale contesto si inserisce anche il tema sostanze/modificazione della coscienza. Si tratta di un tema ancora tabù per gran parte della popolazione. Per tale ragione sto scrivendo queste righe, per dare il mio contributo personale.

Anzitutto la prima osservazione da fare è quella relativa a quanto già sottolineato sulla differenza sostanziale tra sostanze stupefacenti di sintesi e altre naturali. È fondamentale. Le sostanze di sintesi sono perlopiù veleni prodotti per essere venduti e fare business sulla salute degli altri. Mentre le sostanze stupefacenti e allucinogene naturali sono prodotte dalla natura e la loro esistenza è oggi ancora tutto sommato un mistero. Per mettere subito le mani avanti e non perdere tempo poi con obiezioni banali, dico subito che sì è vero, anche il curaro e la cicuta sono naturali e uccidono. Grazie al cazzo. Anche lavorare come uno schiavo tutta la vita fa venire il cancro, ma non per questo il lavoro in sé è qualcosa di negativo. Anche l’ingestione di esagerate quantità di cibo o acqua può uccidere. E guardare la televisione e i videogiochi per molte ore al giorno manda completamente fuori di testa. Quindi, in buona sostanza, per cortesia, lasciamo perdere tali obiezioni poiché il punto è cercare di capire come stanno le cose. E dunque una cosa sono i veleni sintetici prodotti per fare business, altra cosa sono piante e erbe, utilizzate da tempi immemorabili, anche per produrre stati mistici.

Da tempi immemorabili culture antichissime, come quella dei Veda  per esempio, spiegano come fare a modificare la coscienza, per percepire l’essenza dell’universo più profondamente. Lo yoga, il controllo della respirazione, la meditazione sono alcuni di questi strumenti. Altrove si usano altre pratiche e, sempre da tempi immemorabili, in Europa, in Asia e nelle Americhe, sono state spesso utilizzate piante psicotrope di varia natura.

Ora, mettere subito in competizione, alla maniera occidentale, lo yoga e il peyote, a mio parere non serve a nulla. È chiaro anche a un topo morto che ingerire sostanze possa essere mediamente più pericoloso che controllare il respiro, ma è anche vero che non è troppo logico liquidare come “negativo” un sistema che viene utilizzato da millenni, spesso con risultati quanto meno interessanti.

Gli allucinogeni utilizzati per scopi spirituali, mistici o religiosi, non hanno niente di sintetico, sono del tutto naturali. Si tratta di piante e funghi, diffusi nelle foreste tropicali e delle zone temperate, dotate di proprietà psicotrope che non sono casuali. Ovvero alcune delle sostanze chimiche che le compongono sono adatte a legarsi con specifici recettori del sistema neurologico umano. Tale legame talvolta può causare una modificazione della coscienza, allucinazioni, stati di trance e mistici.

Prima osservazione: perché questo avvenga è ancora un mistero.

Seconda osservazione, utile per evitare di nuovo perdite di tempo e anticipare osservazioni ridicole di chi ha idee rigide. Una delle osservazioni più stupide che vengano fatte è che le popolazioni del passato inclini al misticismo e a una visione più olistica della vita si siano estinte e non siano state competitive. Niente di più falso. Nonostante la colonizzazione barbara degli europei le antichissime culture come quelle dell’India e dell’Asia in generale non solo sono sopravvissute, ma sono oggi addirittura all’avanguardia nella visione dell’universo. Sono grandi studiosi come Fritjof Capra che hanno sottolineato la convergenza tra antiche concezioni Vediche e fisica quantistica. Nonostante lo sterminio perpetrato da spagnoli e altri popoli europei violenti, e nonostante la distruzione di un patrimonio culturale immenso e antichissimo, le culture mesoamericane non solo influenzano ancora oggi il mondo, ma gruppi indigeni più o meno grandi sono riusciti a sopravvivere, salvando persino costumi e tradizioni che si perdono nella notte dei tempi. E poi non ci vuole una laurea in storia per rendersi conto che anche i grandi greco-romani si sono estinti. E allora? Sono i normali cicli storici, come potrebbe confermare un Toynbee qualsiasi.

Tra queste popolazioni ve ne sono diverse che, per entrare in contatto con le profondità di se stessi, con l’universo e con l’infinito, utilizzano sostanze psicoattive. Come migliaia o forse decine di millenni orsono siano giunti a conoscere queste proprietà delle piante e a utilizzarle in maniera corretta, è un altro mistero, che sarà oggetto di una mia prossima trattazione. In ogni caso ci troviamo di fronte a una tecnologia botanica e farmacologica di altissimo livello proveniente da chissà dove e sviluppatasi in tempi antichissimi. Fatto sta che la conoscenza delle piante, dei minerali, persino degli animali, del vento e di altri elementi naturali per la cura delle persone sul piano fisico, spirituale e della coscienza, di queste persone è profonda e grandissima. Così grande, lo dico a beneficio degli appassionati della pericolosissima razionalità, da interessare professori emeriti di biochimica, farmacologia, botanica e fisica quantistica delle migliori università del mondo. Come per esempio, tanto per citarne un paio, Richard Evans Shultz, eminente biologo dell’Università di Harvard, e Albert Hoffman, scienziato ricercatore della Sandoz di Basilea, scopritore dell’LSD nel 1938. Scrissero insieme, tra l’altro, il volume “Allucinogeni e Cultura”.

Per una serie di eventi sincronici dei quali non solo non mi stupisco più, ma che addirittura ormai riesco in parte a vivere attivamente, sono entrato in contatto a Rio con una delle popolazioni più strutturate in questo senso, anche se non sono certo i soli: gli Huni Kuin.

Si tratta di una popolazione che vive nelle foreste dello stato amazzonico dell’Acre, in Brasile, al confine con il Perù. Oggi sono più di tremila e il vasto territorio nel quale abitano è di loro proprietà. Sono portatori di una cultura antichissima, in parte misteriosa, che si perde nella notte dei tempi e che è molto ricca. Artigiani sopraffini e artisti. Molti di loro suonano, cantano, dipingono, modellano, creano. Essendo parzialmente in contatto con la cultura occidentale sono in grado di creare un ponte di scambio creativo interessante, cercando di fare attenzione a non distruggere le tradizioni. Oggi alcuni di essi sono laureati in diverse discipline, altri sono anche fotografi e videomaker di livello e altri ancora rappresentano presso gli enti politici federali, la loro tribù. Ma quello che è l’aspetto più interessante è la conoscenza straordinaria dei misteri delle piante, sia per scopi medici e farmacologici che spirituali. Sapienza così profonda e seria da interessare l’Università e il Giardino Botanico di Rio de Janeiro, il Governo Federale e altre università di tutto il mondo, e persino gli esponenti brasiliani della chiesa cattolica.

Sono stato testimone dell’incontro tra una delegazione di sciamani Huni Kuin e i dirigenti dell’Istituto di Ricerca del Giardino Botanico di Rio. Incontro nel quale si è sancito, tra le altre cose, l’intento di collaborare per la ricerca in futuro.

Gli Huni Kuin, insieme al Giardino Botanico, hanno realizzato un libro, fotografico e di testo, dove vengono illustrate le caratteristiche botaniche e gli usi terapeutici di centinaia di specie tropicali. Una grande vittoria e un grande riconoscimento per questo popolo e per tutte le altre popolazioni indigene, che loro potranno aiutare per un futuro prossimo riscatto. Perché non sono certo i soli. Le popolazioni indigene presenti sul pianeta che non hanno ancora perduto la loro sapienza sono per fortuna ancora abbastanza numerose. Si può fare molto.

Ma quello che degli Huni Kuin è affascinante è il loro profondo equilibrio, la loro serenità e, soprattutto, l’amore. Quello che hanno per se stessi, per la foresta, per gli altri, per gli spiriti. Non si tratta di qualcosa di affascinante per hippy vagamente sognatori e nostalgici, bensì dell’osservazione della loro concreta capacità, ormai collaudata da millenni di vivere in armonia e, oggi, vivere in equilibrio tra due mondi, quello indigeno e quello tecnologico.

Tra le loro caratteristiche si trova un forte misticismo, come lo si può trovare in molte popolazioni indigene. Hanno una forte spiritualità che vivono in serenità e condividono continuamente all’interno delle loro tribù, ma anche con gli occidentali con cui vengono in contatto. In poche parole danno la sensazione di essere tutt’altro che poveri indios perdenti, ma persone molto ben radicate a terra, concrete, che badano all’agricoltura, all’artigianato e al commercio, ma anche alle terapie fisiche e spirituali. Al tempo stesso sono capaci di sognare, di volare, di comunicare con gli spiriti, a livello sorprendentemente profondo. Per fare tutto questo utilizzano la meditazione e l’amore, ma anche le piante, che conoscono e utilizzano da migliaia di anni. L’inizio di questa conoscenza si perde nella notte dei tempi e della leggenda.

DSC_4150

In particolare utilizzano il succo di due piante allucinogene Kawa e Hunì, conosciute dalla tassonomia occidentale come Psychotria Viridis e Banisteriopsis Caapi. Come si sia pervenuti millenni orsono a scoprire che le due piante andavano miscelate (per ragioni, sa oggi la scienza occidentale, di carattere biochimico) rimane un mistero. Gli Huni Kuin dicono che tutto quello che sanno sulle piante è tramandato da nove milioni di anni di generazione in generazione e che il primo maestro degli antenati arcaici fu Jiboia, l’Anaconda Sacro. Su queste tematiche di ordine mitico e cosmogonico tornerò in futuro con altri scritti, poiché sono troppo complesse e ci porterebbero ora troppo lontano.

Quello che interessa sapere è che non si tratta affatto di quattro indigeni sballoni disperati, bensì di popoli con una fortissima identità, un passato antico, solide radici, una sapienza profonda e nei quali si trovano anche persone che sono state in grado di andare a insegnare in università occidentali. Questi ragionamenti valgono per numerosi altri popoli.

Questo genere di persone, abituate a vivere nella foresta, immerse nelle piante, ha un rapporto con esse e con la natura, estremamente profondo e articolato. Frequentandoli potrei dire di aver avuto la sensazione che, in qualche modo, siano essi stessi, in parte, delle piante. Sono clorofilliani. Hanno nell’aspetto spesso qualcosa che ricorda semi, arbusti, radici, petali. Credo che l’uomo occidentale, dipendente dalle piante né più né meno che come tutti gli altri, visto che anch’esso si ciba di semi (il pane, il riso), radici (le patate), frutti e ortaggi, debba recuperare il rapporto non solo con se stesso e la natura, ma anche con il mondo vegetale in particolare. Le piante non sono solo cibo, ma anche rimedio, abiti e rifugio. Con le piante si fa tutto, incluso nutrire gli animali che alla fine danno latte e carne. Per un occidentale ormai tutte queste cose non sono altro che prodotti di un supermercato o di un negozio, ovvero la “coscienza” di che cosa sia ciò che mangiamo o usiamo per vestirci è ormai ridotta quasi a zero. Per un indigeno le piante sono amici, spiriti che ci indicano la via, alleati, entità da amare. Fra queste anche quelle che chiamano le “piante del sogno”, le quali possono stimolare sogni speciali o le piante sacre del “cammino incantato”, che possono portare in volo a “vedere” l’universo e la propria vita in modo diverso.

Alla luce di tali considerazioni ho sperimentato su me stesso la miscela sacra delle due piante Kawa e Hunì: l’Ayahuasca. Ho vissuto un’esperienza interessante e profonda che ho raccontato perché amo condividere e lo ritengo proficuo sul piano culturale e umano. Il racconto si trova a questo link: Allucinogeni sacri – Ayahuasca.

Al di là di ciò, tutto quanto riguarda l’esplorazione della mente, della coscienza, della psiche è ancora all’inizio. Si stanno recuperando antiche tradizioni allucinogene, ma si usano ormai da decenni lo yoga, la respirazione, e altre pratiche. Credo che l’obbiettivo non siano certo lo sballo, o solo il recupero dello stress o il rilassamento, bensì la ricerca di una nuova coscienza, più espansa. Una coscienza che tenga conto di quelli che sono i veri obbiettivi e significati della vita umana, che non sarò certo io a enumerare, ma che mi permetto di ipotizzare non siano la competizione, il conflitto, il possesso e la sopraffazione. Queste ultime sono nient’altro che la vera barbarie. La vera società barbara è quella occidentale odierna, che senza dubbio ha prodotto cose positive come la chirurgia, internet, l’attenzione ai diritti umani, il land-rover e la pizza, ma pagando un prezzo altissimo in termini di devastazione del territorio, della natura e, soprattutto, di vite e anime umane. Nel complesso, sebbene si siano ottenuti in vari campi risultati ottimi, siamo al fallimento in termini di vero “ben-essere” e letteralmente nei pasticci per quanto riguarda una serie di problemi quali l’estinzione di diverse specie, la depauperazione delle risorse e del territorio, l’equilibrio naturale. Abbiamo vinto il vaiolo, ma siamo devastati dal cancro.

Naturalmente non sto minimamente dicendo che assumere allucinogeni sia la soluzione a questi mali, ci mancherebbe altro. E non ritengo nemmeno che tutto ciò che è antico e tradizionale sia meglio. Quello che dico è che dare attenzione a nuove, ma anche antichissime metodologie per lo sviluppo della coscienza e l’approfondimento di quella che è la nostra Vera Vita, sia fondamentale per un futuro di pace, armonia ed equilibrio sia personali che per tutta l’umanità.

Testo e foto: MVillone

Migrazione

LENTAMENTE STO CERCANDO DI FAR MIGRARE IL MIO BLOG SU QUELLO GEMELLO, MA CHE SI CHIAMA SEMPLICEMENTE www.unaltrosguardo.it

PREGHEREI CHI SEGUE QUI DI ISCRIVERSI SULL’ALTRO, GRAZIE

DOVE  NEL FRATTEMPO HO PUBBLICATO LA PAGINA AL LINK SOTTOSTANTE

http://www.unaltrosguardo.it/obbiettivi-del-progetto-paratiunaltrosguardo

Io, Mauro, in uno scatto di Lidia Urani

Io, Mauro, in uno scatto di Lidia Urani

This is the end…(my only friend)

Farneticazioni gioiose di un disadattato consapevole

Oggi ho avuto un’ispirazione. Non è un granché, visto che è molto simile ad altre ispirazioni avute in passato nel corso dei secoli. Comunque fatto sta che ho passato mezza giornata a girare per centri commerciali nella zona di Barra, a Rio de Janeiro. Non per bighellonare, ma per acquisti di lavoro.
Barra è un’area di Rio che, fino a una quindicina di anni fa era un magnifico deserto con una palude. La palude c’è ancora, incredibilmente, ed è tuttora pittoresca. Il resto invece è un delirio geometrico-edile. Un business-formicaio di grattacieli, uffici, negozi e, soprattutto, giganteschi centri commerciali. Vere e proprie cattedrali americane del nulla coi prodotti intorno. Nemmeno orrendi tutto sommato. Un niente può essere anche piuttosto piacevole, come una bellissima ragazza cretina, non cambia niente. Un trionfo del boom economico per classe media e medio-alta con negozi, bisogna riconoscerlo, anche molto belli e alcuni anche fichi, come quelli di musica per esempio. In uno ci ho comprato tre armoniche blues di fabbricazione brasiliana. Poteva andare meglio, ma avevano quelle. Il commesso era un gigante nero con la barba da mujaheddin e i lobi delle orecchie enormemente dilatati da due raffinati dischi di legno tropicale. Era simpatico, e tutto tatuato.
Quello che non andava erano i miei pensieri. Non ho l’idiosincrasia per il denaro, anzi. Serve, e io i conti li so fare, sia micro che macro. Il delirio edilecommerciale in cui ho girato oggi, sommato al petrolio e alle montagne di denaro spese per Coppa e Olimpiadi sono migliaia di miliardi. Cioè, in parole povere, ce ne sarebbe per tutti fino al dolce, al caffè e a due, anzi facciamo tre, cicchetti finali. Invece non è così. E mentre i ricchi, i benestanti, i poveracci della nuova classe media, i medio-alti e i medio-bassi spendono compulsivamente in queste cattedrali, per poi scoprire di avere il cancro a 40 anni o di aver fatto gli schiavi fino ai 70, due miliardi di persone sopravvivono a mala pena seduti per terra, con il vantaggio di non fare un cazzo dal mattino alla sera. I primi invece, per permettersi di farsi venire malattie, nascosti nella loro inconsapevolezza, comprando dolciumi, devono mettere sei sveglie in sequenza, dalle sei alle 6 e cinquanta, per alzarsi alle 7, nel freddo o nel buio e incolonnarsi a respirare monossido di carbonio, in un paesaggio di merda, per andare a fare gli schiavi in un posto che non è loro e che, quasi sicuramente, alimenta in qualche modo il sistema di sfruttamento.

DSC_3043.2
Ci deve essere dunque qualcosa dopo l’uomo. Forse aveva ragione Nietzsche, quando diceva: l’uomo non è che il termine di passaggio tra l’animale e il superuomo. Dobbiamo essere finiti però in un vicolo cieco. Io non ne so niente, per carità, si tratta solo di una sensazione personale, niente di più. Personalmente comunque non venderò mai la mia anima e nemmeno, più prosaicamente, il mio preziosissimo tempo, per avere cose che mi piacciono come fuoristrada, vestiti fichi, amplificatori, panini di peperoni con la bagna caôda e barbaresco. Se arrivano bene, se no, fanculo. Ho sempre fatto così e non è andata affatto malaccio. Oddio, non che sia stata una passeggiata, ma del risultato finale sono molto soddisfatto. È perché mi accontento di poco. Mi basta bighellonare per le strade, guardare le facce, respirare. Mi piace parlare con qualcuno di cose misteriose, della vita e della morte, dell’infinita e incomprensibile immensità nella quale ci troviamo, senza sapere perché. Di solito questi discorsi finisco sempre col farli con pescatori, contadini, portuali, vagabondi, poeti che fanno a 70 anni i camerieri in qualche tavola calda, persino avanzi di galera. Perché hanno lo stesso mio stupore da inetto nell’osservare la stranezza del mondo. E poi gli altri, i ricchi, gli intellettuali, i professori, gli arrivati non si interessano dell’infinito, con tutto quello che hanno da fare e da godersi. Non sono minimamente interessati alla morte e al ciclo di nascite e rinascite. Sono cazzate per emotivi, proprio come me, che mi commuovo tre o quattro volte al giorno, a volte di più.
Il disadattato consapevole, forse sarà patetico, ma si è accorto che tutto quello che c’è ora, non è nemmeno il Capitalismo. Magari lo fosse. Immaginate un sistema di mercato sano, che produce cose belle, con attenzione all’ambiente e a far lavorare, poche ore al giorno, tutti. Un sistema nel quale persone sane comprano quello che serve loro per godersi la vita e niente di più, indaffaratissimi, invece che nello shopping, a giocare con i bambini nel bosco, o sulla spiaggia. Un sistema con le sue brave strategie di marketing e le sue brave agenzie di pubblicità, che chiudono alle 2 di pomeriggio, perché il crepuscolo in collina è troppo bello, e non si può aspettare di camminare a fatica per goderselo una volta di più.

IMG_0052
Un capitalismo così, al di là del nome, di ideologie, di tutto, potrebbe anche essere accettabile. Ma quest’altro no, non più. È diventato ancora più fasullo della sua fasullità iniziale. È andato persino oltre le previsioni di Marx sull’alienazione. Sono alienati persino più degli schiavi, i padroni, ancora più schiavi dei primi.
Sono ormai decenni che giro per il mondo, e mi sono toccati ovviamente, anche i centri commerciali: in Europa, Cina, Sudamerica, India, tutti uguali, da venti, trenta anni, enormi e pulitissimi. Indipendentemente dal fatto che fuori a poche centinaia di metri ci siano quelli che vivono nei rifiuti. Non ha importanza, che ci siano o no, nessuna importanza. Un capitalismo così sta al capitalismo sano come un pervertito, che riesce a raggiungere l’orgasmo, solo se lo frustano mentre ha un carota nel culo, sta a una persona normale che gode, come Dio comanda, facendo l’amore con il suo compagno. È un mostro, nemmeno più un sistema capitalista. Come la guerra non è più nemmeno la guerra con i suoi eroi e le sue schifose regole. Si spara indifferentemente su uomini, donne, vecchi e bambini. Nemmeno più la malavita riesce a essere romantica: bestie senza alcuna remora che torturano, bruciano e seppelliscono vivi i nemici, e anche gli amici. Non è che siano delle novità per un pianeta che ha già visto il medioevo, lo schiavismo, i campi di sterminio. Nella migliore delle ipotesi non è cambiato nulla amici. Ma…non ci si doveva evolvere? Cioè in altri termini: ci hanno preso, o ci siamo presi per il culo.
Tutte queste farneticazioni mica solo per sfogarmi, ci mancherebbe. È che un’idea ce l’avrei. E vi dico francamente: piantatela lì di menarvela con le colpe, i doveri, le responsabilità. Dovete andare di corsa, ma sbrigarvi proprio, a salvare il bambino che eravate di fuori e che adesso è lì dentro, nascosto, che piange impaurito del casino che abbiamo combinato.

india bimba
A volte, quando bighellono e penso, mi vengono in mente gli stronzi e penso che Che Guevara aveva ragione, che ci vogliono i mitra e la dinamite. Mi basta respirare, coi polmoni, il diaframma, l’anima e il cervello, per una trentina di secondi per vedere come molto più ragionevole ed efficace una lotta non-violenta, come la intendeva Gandhi. Del resto uno potrebbe anche fregarsene, e morta lì, chi garantisce che si debba cambiare il mondo. Il fatto è che a stare seduti lì a guardare prima o poi ti viene voglia di alzarti e chiedere spiegazioni a qualcuno. È allora che ti accorgi che tante cose date per scontate non lo sono affatto. Come respirare, o il battito cardiaco. Per alcuni anche mangiare. E se è per quello in certi posti non è nemmeno scontato per le donne pisciare tranquille, obbligate come sono, a farlo per la strada…piena di stronzi, perché non è che i poveracci siano buoni, cosa credevate?
Allora respiri. E il respiro porta alla meditazione, e la meditazione alle tue profondità, e nelle profondità c’è qualcosa che ti dice quello che veramente, ma veramente, eri. E cosa sei venuto a fare su questo pianeta. Aahhh siiiii. Abbracciare, contemplare, scambiare, condividere. Con mille e mille persone guardare il sole, o le nuvole. Prima di tornare a casa.

Testo e foto: MV

???????????????????????????????

Meditação Infantil

Il magnifico video del nostro caro amico Rogerio Barros, insegnante di yoga e meditazione e videomaker. Il laboratorio di Meditazione “Meditação Infantil” che si sta realizzando al nostro Centro Para Ti a Rio de Janeiro. Sono rimasto emozionato.

Al link qua sotto

Meditação Infantil

rogerio sobrinho

Cracolandia

Una galleria di immagini sulla Cracolandia della favela Nova Holanda, complesso della Maré, a Rio de Janeiro, dove incrociano autoblinda, carri armati, jeep e camion dell’esercito, intimando la popolazione, con i megafoni, di gettare le armi, allontanare la droga, consegnare i trafficanti.

Ho trovato un ambiente diverso dalla mia ultima visita lo scorso anno. In totale abbandono, ma in qualche modo più strutturati sul piano psicologico. Forse più consapevoli. Li ringrazio per aver accettato il mio reportage. Padre Renato e i volontari (che sono in aumento), continuano a incoraggiarli andando sul posto ogni mercoledì, come ogni tanto faremo anche noi. Può darsi, come dicono i cinici detrattori, che non serva a nulla, ma, come recitava fernando Pessoa: “Tudo vale a pena se a alma nao é pequena”.

CLICCARE SULLE SINGOLE FOTO PER APRIRLE

Uma galeria de imagens sobre cracolândia da favela Nova Holanda, Complexo da Maré, no Rio, onde cruzan blindados, tanques, jipes e caminhões do exército, alertando a população, com megafones, para depor as armas, dechar droga, entregar traficantes.Eu encontrei um ambiente diferente da minha última visita no ano passado. No total abandono, mas um pouco mais estruturada ao nível psicológico. Talvez mais conscientes. Agradeço-lhe por aceitar meu relatório. Padre Renato e voluntários (que estão aumentando), continuar a incentivá-los, indo para o local todas as quartas, como de vez em quando nós também. Talvez, como os cínicos e os detratores dizem, isso não serve para nada, mas, como recitava Fernando Pessoa: Tudo vale a pena se alma nao é Pequena“.

Clique em cada fotografia para abrir

A gallery of images on Cracolandia in the favela of Nova Holanda, Maré complex, Rio de Janeiro, where cross armored, tanks, jeeps and army trucks, warning the population, with megaphones, to lay down their arms, move the drug traffickers deliver.

I found a different environment from my last visit last year. In total abandon, but somewhat more structured on a psychological level. Perhaps more aware. I thank them for accepting my report. Father Renato and volunteers (which are increasing), continue to encourage them by going to the place every Wednesday, as every now and then we will too. Maybe, as the cynics and detractors say, that all this is useless, but as recited by Fernando Pessoa: Tudo vale a pena se a alma nao é pequena“.

CLICK ON EACH PHOTO TO OPEN

Foto: ©mvillone

Questo bambino sta morendo

Questo bambino sta morendo

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

Padre Renato dice la Messa intervistando uno a uno i cracudos

Padre Renato dice la Messa intervistando uno a uno i cracudos

................

…………….

................

…………….

................

…………….

................

…………….

Padre Renato incoraggia i cracudos. Più che confessioni, dal vivo, parevano esorcismi

Padre Renato incoraggia i cracudos. Più che confessioni, dal vivo, parevano esorcismi

................

…………….

...............

……………

.................

……………..

...............

……………

..............

…………..

...............

……………

Questo bambino sta morendo, accudito da Padre Renato e alcuni volontari

Questo bambino sta morendo, accudito da Padre Renato e alcuni volontari

Arriva una unità medica con due funzionari della prefeitura che lo portano in ospedale

Arriva una unità medica con due funzionari della prefeitura che lo portano in ospedale

 

A Bunga bunga over

bungaanziani

Il giovane figlio di un’amica, 12 anni, tempo fa mi confidò. Quando vedo una ragazza che mi piace mi si allunga. Tutto a posto fratello, bene così, tutto normale. La seconda locuzione fu: “Quanto dura?”. Già. Tutta la vita amico. Anche quando sembra essere finita, non è mai finita. E non lo dico certo io che a 55 anni ne so ancora poco. No. Mi basta osservare la reazione che ha mio padre, 87 e in ottima forma, quando vede una foto che ho postato su FB, di qualche ballerina si Samba brasiliana. Cioè, in altri termini, non finisce mai. Anche quando la prostata è un lontano ricordo e il testosterone sembra essere a cuccia da settimane, può scatenarsi l’inferno, tipo “La notte dei morti viventi”, sapete, quei tizi che si credevano sepolti da secoli e che tornano, una notte qualsiasi, a rompere i coglioni. Anzi, proprio la lunga inattività, probabilmente, può scatenare all’improvviso forze che si credeva sopite da tempo…e si copula. Naturalmente non è così semplice, e il Berlusca, furbo com’è, probabilmente è proprio questo che intende fare: motivare i vecchietti a riprendere l’attività che in tempi remoti era la loro principale preoccupazione e che oggi sembra impossibile, ma non è.
Beh potrebbero anche verificarsi altre possibilità. Tanto per fare un esempio già mi vedo uno dei vecchietti a casa, fra un paio d’anni, nel fine settimana con i nipoti: “Dai nonno, raccontaci di quella volta che Berlusconi ti ha pulito il culo!”. Ma tutto sommato mi sembra inverosimile. Più probabile che il furbo, che in fondo è anche simpatico, bisogna riconoscerlo, punti tutto sul motivare alla copula e, perché no, all’amore. Ne potrebbe un giorno scaturire un film, tipo “La notte dei porci viventi” o “Non è una monta per vecchi o, che so, “Lolita 2, l’insperato ritorno”.
Vedremo. Nel frattempo non so voi, ma, a parte gli scherzi, io non posso far altro che augurare al nostro, oltre che Buona Pasqua, di non scappare da questa esperienza, di prenderne il meglio. Ma soprattutto di pensare che con le capacità che ha e i mezzi di cui dispone, se invece di una volta la settimana ci andasse tre, dai vecchietti, magari anche dai tossici, e facesse sul serio nell’impegnarsi a dare, così, per divertirsi, sarebbe la volta che davvero tira su una montagna di voti. Cosa di cui, alla fine, non gli fregherebbe più un cazzo, felice come sarebbe di fare davvero, per una volta, qualcosa di sensato.
Ciao Silvio, tanti auguri.

Il Turin Photo Festival e dintorni – Storia di una vittoria

TPF

Nel 1998 feci un primo reportage sulle comunità straniere a Torino, specie quelle nigeriane. Seguito da altri in Nigeria, poi in Cina, nel resto d’Italia e in altri paesi. Reportage soprattutto orientati all’attualità sociale, ma anche ai viaggi, difficilissimi da vendere. Nonostante questo riuscii a pubblicare in Italia e all’estero su testate come Elle, Marie-Claire, Itinerari e luoghi, l’Espresso, Kult Magazine, Itinerari, Oltre Magazine e altre. Reperii in seguito un minimo di fondi per realizzare delle mostre che feci sia in Italia che, successivamente, in altri paesi come Cina, Russia, Brasile. Per due anni esposi una grande mostra personale che approfondiva il tema dell’immigrazione in Italia: “Beyond the Skin Colors”. L’idea era soprattutto quella di approfondire la cultura delle terre d’origine. Realizzai così una lunga e approfondita missione in Nigeria, dove realizzai un reportage sulla stregoneria e i culti locali. Oltre alle pubblicazioni sui periodici e in una mostra presentai la ricerca all’Università di Amsterdam in un convegno su antiche e nuove religioni. Precedentemente avevo ideato e realizzato una rassegna intitolata “Fotografia al Femminile” che ebbe un certo successo, recensita da numerosi giornali e siti. In seguito portai dalla Francia a Torino, in occasione delle Olimpiadi invernali, la mostra “Un secolo di Sport in Fotografia” del quotidiano francese l’Equipe. Poi ho realizzato la rassegna intitolata “Turin Photo Festival” che ha avuto, insieme alle altre, nonostante i budget molto contenuti una rilevanza internazionale, con fotografi provenienti da Italia, Cina, Brasile, Russia, Francia, Israele, Danimarca, Stati Uniti, Messico, Argentina, Senegal, Gran Bretagna, Olanda.
Le idee che intendo portare avanti sono fondamentalmente tre, oltre naturalmente il semplice fatto di fare cultura e di divertirsi. La prima dimostrare a tutti, corrotti compresi, che si possono realizzare eventi di rilievo internazionale anche con budget contenuti. La seconda che si può far sentire la propria voce partendo dal basso e dimostrare che si può essere tutti uniti. Infatti il Turin Photo Festival è aperto a tutti e la prima edizione fu, volutamente, realizzata in diversi loft, locali e spazi, non necessariamente dedicati alle mostre e all’arte. L’idea è quella di “invadere” la città capillarmente, coinvolgendo locali e negozi e facendola diventare per un periodo una città fotografica a livello sociale e popolare. Il primo tentativo fu un successo, con 25 location sparse sul territorio cittadino. Negli anni successivi facemmo altri esperimenti in location diverse, come per esempio la ex Manifattura Tabacchi, concessaci dall’Università e che fummo i primi a utilizzare per una grande rassegna. Alle mostre, negli anni, hanno partecipato molti fotografi provenienti da ogni parte d’Italia e del mondo, tutti estremamente motivati a esporre. Inclusi parecchi che in seguito, attaccarono e boicottarono le mie iniziative. Nessuno, dico NESSUNO, ha mai avuto le palle per guardarmi in faccia e spiegarmi il perché. Solo una volta fui invitato nella sede della CNA di Torino, per un incontro sotto il nostro stesso marchio, dove venni attaccato da una serie di tizi, di cui alcuni mai visti, che non avevano nemmeno capito quali fossero le istanze della mia proposta. Ma andiamo avanti, mica si può pretendere da chi crede di essere “qualcuno” solo perché schiaccia un pulsante e magari ha la terza media.
Quando iniziai a occuparmi di fotografia ebbi un grande appoggio da Luisella d’Alessandro presidente della “Fondazione Italiana per la Fotografia”. Sono molto grato a Luisella, con cui si fecero molte cose interessanti. Adesso quando mi incontra finge di non vedermi. Non mi ha mai detto perché. In sostanza proprio non ne conosco il motivo. Avevo anche parlato bene di lei sul catalogo della prima edizione del Festival. Ma procediamo ancora. Anzi parliamo proprio del catalogo. Quando lanciai la prima edizione del festival cercai molti partner, nutrivo molta fiducia nella gente. Incocciai in un impostore dell’arte che sembrava entusiasta. Propose alcuni suoi artisti, che esponemmo, e si offrì di realizzare il catalogo. Peccato che utilizzò la tipografia serissima di un nostro caro e onestissimo amico, il quale si vide costretto a fargli causa per recuperare i soldi della stampa. Cosa che avvenne con il sequestro di alcune opere d’arte che V.S. teneva in casa. Quando si dice attenti ai furbetti. Pensa un po’. Un altro tizio, di Milano questa volta (quello che è giusto è giusto), si offrì di farmi il sito, che pagai regolarmente con mille euro. Peccato che quando gli presentai i responsabili de lastampa.it per aprire il “canale fotografia” del quotidiano on-line pensò bene di scavalcarmi e fare lui il contratto con la casa editrice.
Il Turin Photo Festival, tra gli altri, noti, meno noti ed emergenti, ha coinvolto tra esposizioni, interviste sui miei blog e convegni, fotografi del calibro di Gabriele Basilico, Francesco Cito, Mimmo Jodice, Maurizio Galimberti, Franco Fontana, Ugo Panella, Gabriele Torsello, Maura Banfo, Franco Donaggio, un artista come Fabio Pietrantonio. Ma sono moltissimi i fotografi esposti in Ha coinvolto un antropologo come Alberto Salza e un gallerista come Guido Costa. Ma soprattutto ha, tra i suoi sostenitori, non per finta bensì concretamente, una donna del calibro di Paola Gribaudo, esponente, insieme a suo padre e nostro grande amico, il Maestro Ezio Gribaudo, del meglio della cultura dell’arte italiana ed europea. Ma anche il direttore de La Stampa, Mario Calabresi, non ha lesinato la sua presenza quando abbiamo realizzato un premio fotografico per il reportage sociale.
Molta gente, tra fotografi, artisti e imprenditori, si sono fatti coinvolgere con entusiasmo, e non di sicuro per denaro, visto i nostri budget, mettendo a disposizione conoscenze, opere, location e materiali. L’obbiettivo era quello di dimostrare che si potevano realizzare iniziative culturali dal basso e con pochissimo denaro. Mi spiace per i detrattori, ma l’obbiettivo è stato raggiunto al cento per cento. Abbiamo fatto vedere che SI PUO’ FARE. Molti dei fotografi esposti nelle mie rassegne hanno poi ottenuto rilevanti risultati sul piano internazionale. Gli unici che non hanno capito un accidente sono i fotografetti türineis che credono di “essere la fotografia” quando basta andare a Rivoli che nemmeno sanno più di chi diavolo si sta parlando. Uno di questi poi è particolarmente divertente. Durante una mostra organizzata con Witness Journal di Milano, con numerosi fotografi di rilievo e con il Gruppo Puglia Photo di Gabriele Torsello, si è presentato senza salutare ed è sgattaiolato dentro. Manco me n’ero accorto e non so come sia entrato, forse strisciando. Per poi scrivere un articolo assurdo sulla fatiscenza della location, senza capire che era stata scelta da noi con Torsello e Witness Journal proprio per sottolineare la crudezza delle situazioni descritte dai reportage. Pubblicò l’articolo proprio nella sezione fotografia de lastampa.it. Probabilmente il poveraccio non ha ancora capito che, se ha avuto questa opportunità è grazie a me che proposi l’idea al giornale. Un’altra testa di tonno che merita una menzione per la sua pochezza è un tizio che avrò visto sì e no tre volte in vita mia e che si è peritato di insultarmi su Facebook poiché avevo parlato della Canon G12 e di Rio. Riteneva che facessi pubblicità alla Canon e me la tirassi perché sto a Rio, spiegandomi che, udite udite, nella sua azienda mi avevano classificato come un perdente. Mamma mia che paura, mi tremano già le palle per la vergogna. Ma andate a cagare idioti, che se fossi un vincente per voi dovrei andare dallo psichiatra tutti i giorni, come molti di voi fanno. Ci sono problemi serissimi al mondo, a cominciare dalla nostra vita spirituale, e voi trovate il tempo di venire e scassare il cazzo in internet?
È triste avere a che fare con simile pochezza. Tale pochezza, insieme al molto lavoro e alle grandi difficoltà nell’organizzare con pochi soldi una simile impresa, semplicemente mi ha stufato. Potrei andare avanti all’infinito e magari avrò altre occasioni. Ma quello che mi interessa dimostrare è solo quanto sono cretini i poveracci che credono di essere furbi, mettendo i bastoni tra le ruote a qualcuno che ha avuto il coraggio di essere se stesso e di provarci. Oltretutto vincendo. E dunque un’iniziativa che a Torino e in Piemonte poteva coinvolgere ancora più persone di quanto non ha fatto, si è arrestata (per proseguire altrove) a causa dell’incompetenza dei leader delle istituzioni e dell’inettitudine dei fotografi.
È così che ho cominciato a dedicarmi di più ai viaggi e poi a lavorare nel turismo responsabile. Ma non solo, ho deciso anche di far sì che la mia attività di viaggiatore, reporter e organizzatore abbia una ricaduta in campo sociale. Mi occupo della direzione di una ONG a Rio de Janeiro. È dura, ma le soddisfazioni grandi. Oltre a seguire un Centro per bambini che stiamo trasformando anche in laboratorio culturale, realizzo mostre, reportage, scrivo articoli e sto lavorando a diverse pubblicazioni. (In calce a questo articolo i progetti a Rio de Janeiro).
La sostanza comunque rimane sempre la stessa. Io sono soddisfattissimo e felice del lavoro svolto in tutti questi anni, dei risultati raggiunti e del divertimento con gli amici. Ho dimostrato che si potevano avere idee, E OTTENERE RISULTATI, senza dover scendere a compromessi con qualcuno che alligna a Palazzo.
E voi, fotografetti türineis, cosa avete fatto?
Nomi e cognomi nello spettacolo teatrale con regia del grande Ivan Tanteri. Che ringrazio inoltre per la supervisione dei testi della sceneggiatura e di questo.
Baci e abbracci. Allo spettacolo teatrale stiamo lavorando…
Mauro Villone

Si può fare

Il Progetto ParaTi/Unaltrosguardo procede e si sviluppa, aprendo nuove opportunità e nuove strade per la diffusione di una cultura del dialogo, della condivisione, della partecipazione, del confronto non competitivo, dell’amicizia, della solidarietà, della pace. Sembra troppo, lo so. Ma vogliamo dare un segnale, oltre a dare il nostro davvero minuscolo contributo occupandoci di un’ottantina di bambini e della loro comunità. I bambini di strada solo in Brasile sono 7 milioni. È per tale ragione che continuiamo a comunicare. L’obbiettivo è quello di dimostrare che lavorare per i sogni è possibile, anche se spesso le difficili condizioni finanziarie, politiche, sociali ed economiche non ce lo permettono. Ragione di più per continuare a provare. Per questo motivo sto realizzando una piccola pubblicazione che mostra alcune delle cose fatte dal 2006 al 2014, in particolare con diversi grandi artisti e creativi culturali, più e meno famosi, e altre numerose persone che sono state coinvolte, che in questa occasione fungeranno anche da testimonial del nostro progetto.
2006. Realizzazione di Lidia Urani e Mauro Villone del libro Unaltrosguardo, fatto con le foto scattate dai bambini dai 6 ai 12 anni, di para Ti.
2007. Mostra delle foto del libro Unaltrosguardo realizzata con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Rio e con l’aiuto di Maria Pace Chiavari, per la rassegna internazionale FotoRio dell’antropologo Milton Guran.
2008. Intervento dell’attore e regista teatrale Ivan Tanteri che ha realizzato uno spettacolo di strada coinvolgendo i bambini di Para Ti, gli abitanti di Vila Canoas e la locale banda di Samba “La Furiosa”.
2009. Apre i battenti la Boutique “Madeinfavela”. Vengono studiati e commercializzati capi di abbigliamento, accessori e oggetti per diffondere la cultura locale e autofinanziare il progetto. Luciano Lima, artigiano-artista di favela realizza diversi lavori per Para Ti e viene ospitato nella boutique.
2009-2011. Battuta d’arresto. Una difficilissima situazione di salute familiare ci ha impedito di proseguire nei progetti e ci ha costretto a una totale riorganizzazione per ripartire più forti e motivati di prima. Vengono realizzati tre nuovi spazi all’aperto.
2011. Esponiamo nel nostro Turin Photo Festival le foto degli occhi dei bambini di Para Ti. Opera realizzata da Mauro Villone e Lidia Urani.
2012. Realizzazione del video “Mira” della cantante di jazz-blues di Philadelphia Melody Gardot. E con il suo staff proveniente da USA e GB.
2012. Apertura ai volontari con l’intervento di Giulia e Chiara Cappellini che hanno realizzato laboratori creativi e una performance dedicata alla grande cantante brasiliana Carmen Miranda.
2012. Viene intensificata la partnership con la Casa do Menor di Padre Renato con l’obbiettivo di operare insieme per la denuncia sociale e l’aiuto ai ragazzi. Padre Renato diventa per noi un punto di riferimento sociale e umano. Da lui abbiamo assorbito il concetto di Pedagogia-Presenza.
2012. Pheel Carlos Balliana, cantante italiano di rilievo internazionale, il quale ci ha introdotto a Melody Gardot, progetta, insieme a Melody, la realizzazione di un laboratorio musicale per i bambini. Insieme a Joao Henrique Carlos realizza interventi creativi di pittura del viso con i bambini.
2012. Mauro Villone continua a realizzare il laboratorio di Pizza Italiana con i bambini.
2012. Lanciamo nel nostro Turin Photo Festival il Premio di Fotografia Sociale Franco Urani. Vinto da Marco Bottani.
2012. Aziza Karrara, imprenditrice di Torino italo-egiziana fornisce con la sua azienda, produttrice di colori, stencyl e accessori per l’arredamento creativo, materiali per laboratori con i bambini. Aggiunge una significativa donazione in denaro. Regina Re Fernandes, docente all’Università di Rio e grande esperta di colore e comunicazione visiva, tiene alcune lezioni utilizzando questi materiali.
2012-2013. Realizzazione della ParaTi Guesthouse per ospitare le residenze d’artista e per autofinanziare il progetto.
2013. Prosegue l’attività con i volontari provenienti da Italia, USA, Uruguay, Francia, Germania. La danzatrice francese Flore Morel tiene alcune lezioni di danza a Para Ti.
2013. Marcelo Dantas, pittore di grande talento della favela Rocinha inizia a vendere le sue opere nella boutique “Madeinfavela”. Affresca sei camere della Guesthouse e tutte le aule e gli spazi del Centro per i bambini.
2013. Iazaldir Feitoza, ex bambino di Para Ti e ragazzo di favela, diventato campione internazionale di corse in montagna, tiene un workshop su Sport e Salute ai bambini di Para Ti.
2013. Domenico Villone e Gladys Mosso si recano in visita a Rio e Para Ti. Domenico realizza un laboratorio creativo con i bambini insegnando a utilizzare materiali di recupero per costruire plastici e un teatrino con i burattini. Gladys, costretta in sedia a rotelle, dona la sua Presenza ai bambini.
2014. Marco Bottani, fotografo professionista, specializzato i fotoreportage sociale, vincitore al Turin Photo Festival 2012 del Premio di Fotografia Sociale Franco Urani, viene ospitato a Para Ti Guesthouse per una residenza d’artista.
2014. Ivan Tanteri, dopo gli interventi degli anni passati a Vila Canoas e, soprattutto, alla Casa do Menor Brasil di Padre Renato, torna a Para Ti per una residenza d’artista. Sta realizzando un laboratorio teatrale con i bambini, utilizzando la sua lunga esperienza di grande artista-ricercatore e le sue metodologie creative pedagogiche.
2014. Iano Nicolò, musicista free-lance e cantante degli Arti&Mestieri e Elena Vecchi, pittrice, creativa ed educatrice saranno a Rio, ospitati da Para Ti, con i ragazzi del Centro l’Aquilone di Alba per una residenza socio-pedagogica e per tenere laboratori creativi con i bambini di Para Ti.
2014. Il grande musicista brasiliano Pierre Aderne raccoglie la proposta di Melody Gardot e Pheel Balliana di dar vita a un progetto musicale a Para Ti, Rio de Janeiro. Lancia un appello su Facebook a cui rispondono decine di artisti, musicisti e non, inclusi gli amici di Rio di Ivan Tanteri del Gruppo teatrale Moitarà.
Andiamo avanti!
Che ne dite? Si può fare no?
Qui sotto il video di Melody girato a Para Ti

MIRA – MELODY GARDOT

Il lato oscuro…non solo del Brasile

Il lato oscuro…non solo del Brasile

Ragazzo Indio, Rio de Janeiro, Feira nordestina - Foto: ©mvillone

Ragazzo Indio, Rio de Janeiro, Feira nordestina – Foto: ©mvillone

Potrebbero tranquillamente essere le farneticazioni di un pazzo, me ne rendo conto. Ma se avrete la compiacenza di leggere fino in fondo potreste anche convenire con me che quanto prospetto potrebbe essere per lo meno possibile. Un comunicato stampa di Survival mi ha indotto ad anticipare leggermente un argomento di cui volevo comunque parlare e che ho già affrontato. Si tratta di un tema importantissimo che io ritengo addirittura fondamentale, ma misconosciuto e, addirittura, strategicamente passato sotto silenzio. I media di solito, oltre alle notizie che DEVONO essere sottolineate sul piano politico, devono anche fare i conti con quanto riguarda la fornitura di altre notizie che servono alla audience. Così apparecchiati è ovvio che avvenimenti fondamentali, magari non eclatanti sul piano del sensazionalismo o che non hanno troppo a che fare con le tasche dei lettori e che, per giunta, avvengono silenziosamente tutti i giorni, finiscono in genere nel dimenticatoio. Fino a quando non arriva un “esperto” che spiega che la situazione è grave o fino a quando non si muovono organismi di altissimo rilievo che DECIDONO che per tre giorni si deve parlare di quella cosa lì.

Venendo al dunque il tema di cui voglio parlare è lo sterminio sistematico di popolazioni indigene. Parlo soprattutto del Brasile solo perché mi trovo qui e solo perché Survival ha sollevato la questione brasiliana, ma lo sterminio sta avvenendo in tutto il mondo. È ovvio che, se le notizie che sembrano importanti sono, che so, Piersilvio che spiega come la sua presenza sia più importante a Mediaset che in politica, non potranno certo essere degli indigeni. Come quattrocento anni fa grazie agli spagnoli sono state cancellate dalla faccia della terra sapienze millenarie come quelle Inka, Maya e Azteche, oggi, grazie a tutti, viene cancellato quel che resta di aborigeni di ogni dove poiché non servono assolutamente a nulla. È ovvio. Se Mediaset, che vende fuffa, pubblicità e illusioni di ogni genere è importante (e in parte occorre riconoscere che lo è veramente, per lo meno perché dà da mangiare a innumerevoli famiglie, anche se sarebbe solo bello se parte di tutte queste energie fossero rivolte a temi DAVVERO importanti), gli indios non possono esserlo di sicuro. Naturalmente chiunque ha il sacrosanto diritto di mettere in dubbio questa visione. Io sono fra quelli. La ragione è semplice. La cultura occidentale, con tutta la sua tecnologia e le sue scoperte e i suoi premi Nobel (inventati da uno che produceva dinamite) non può essere in grado, da sola, a mio modo di vedere, di far fronte alle difficilissime sfide che ci attendono in futuro. Il fallimento della cultura tecnologica (presa da sola si intende) nella gestione del pianeta si è rivelato fallimentare. Chi non è d’accordo per coerenza dovrebbe farsi un bagnetto nel Pacifico non lontano da Fukushima, tanto per fare un esempio.

Il rapporto con gli altri, con l’ambiente, con le energie telluriche e sottili che hanno certe popolazioni arcaiche è a dir poco, ancora tutto da indagare. Antropologi e studiosi di sociologia e religione di altissimo calibro hanno più volte sottolineato questo problema. Il grande studioso di storia delle religioni Mircea Eliade sosteneva che “occorre riscoprire, grazie all’approfondimento di conoscenze indigene e arcaiche, quello che ancora resta di mitico in un’esistenza moderna”. Alcuni brasiliani pare la pensino diversamente. Secondo Survival durante un incontro pubblico lo scorso novembre il deputato Luis Carlos Heinze fece commenti razzisti contro gli Indiani del Brasile, gli omossessuali e i neri. Un altro membro del Congresso, Alceu Moreira, aveva poi invitato a sfrattare i popoli indigeni che cercano di rioccupare i loro territori ancestrali. Heinze, Presidente della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, ha dichiarato che “il governo… se la fa con i neri, gli Indiani, i gay, le lesbiche e tutti i perdenti. È per questo che vengono protetti e stanno controllando il governo.” (Ma dove? Che il governo è il primo a discriminarli, anche in vista di Mondiali e Olimpiadi – Corsivo mio).

Nel corso dello stesso incontro il deputato Alceu Moreira aveva invitato gli allevatori brasiliani a vestirsi “da guerrieri” e impedire che “truffatori come questi [probabilmente i sostenitori degli Indiani] mettano anche solo un piede nelle vostre proprietà. […] Riunitevi e formate grandi masse, e quando necessario sfrattateli [gli Indiani e i neri]!” I due deputati fanno parte della potente lobby agricola anti-indigeni, che sta facendo pressione sul governo per l’approvazione di una serie di leggi controverse che indebolirebbero drasticamente il controllo degli Indiani sui propri territori. In una lettera al Ministro della Giustizia brasiliano l’APIB, Associazione dei Popoli Indigeni del Brasile, ha affermato che queste offese fanno parte di “una terribile campagna di discriminazione, razzismo e sterminio dei popoli indigeni.”

I cambiamenti in discussione al Congresso sarebbero devastanti per le tribù brasiliane come i Guaranì, che hanno già perso gran parte delle loro terre a causa degli allevamenti e delle piantagioni di canna da zucchero. I membri della tribù subiscono le violenze dei potenti proprietari terrieri che spesso assoldano sicari per sfrattarli dalle loro terre e assassinare i loro leader.

“I sicari ci minacciano e vogliono ucciderci” ha detto un uomo Guaranì. “Vogliono portarci all’estinzione.” Sembra che la campagna elettorale del deputato Heinze sia stata finanziata dalla Bunge, il colosso dell’industria alimentare USA che compra canna da zucchero dalle terre rubate ai Guaranì.

Questo quanto riporta Survival. Posso aggiungere di mio, quale testimone diretto, che il governo dello stato di Rio de Janeiro, capeggiato da Cabral, non ha alcun rispetto degli indios e della loro situazione, trattati come animali infestanti. La stessa cosa avviene in Amazzonia e altri territori. Ma non basta. È ormai noto come esperti internazionali siano d’accordo nel ritenere la guerra alla droga in Sudamerica una battaglia persa nella quale ormai sono coinvolti, con i narcotrafficanti, governi, ministeri e persino frange della stampa ufficiale. Il crack, droga devastante di cui ho avuto modo di parlare più volte, si sta diffondendo nei villaggi indios più sperduti dell’interno del paese. Parrebbe essere una strategia di distruzione sistematica di intere popolazioni, poiché dal crack finora nessuno ha mai fatto ritorno. La sostanza è che in Brasile e in tutto il Sudamerica (ma anche in altre parti del mondo) si vanno irrimediabilmente perdendo, oltre che delle persone (se vi sembra poco…), intere culture, conoscenze, strategie, tecniche. Naturalmente tutto questo non “fa notizia” specie se a fare notizia sono Piersilvio, Balotelli e una nostra delegazione che, a capo chino, va a mostrare i quadernetti con i compitini fatti alla Germania. O ancora i problemi come la Crimea, ormai secolari, che non sono altro che la fase successiva al mancato interesse vero per le istanze dei popoli. Il risultato finale, incredibilmente, mentre tutti sono concentrati (in parte giustamente, ci mancherebbe) sull’economia italiana o del proprio paese, per non perdere privilegi vari e l’auto nuova in leasing, ci sono ragazze che si prostituiscono, bambini che picchiano e insultano i genitori, la droga e l’alcol dilaganti tra i giovanissimi. Sta accadendo anche in paesi fino a poco tempo fa relativamente al sicuro da questi problemi proprio perché arretrati economicamente e quindi non facile preda del “è tutto dovuto”. Ma questi stessi paesi stanno cambiando, con lo sterminio di popoli e culture che avevano le loro regole e le loro tradizioni, sostituite dalla cultura dell’i-phone e del vuoto culturale. Possedere oggetti sembra più importante che acquisire cultura e valori. Non occorre essere dei grandi sociologi per rendersi conto che la mancanza di rispetto per i popoli nativi non è che una delle cause del nulla verso il quale ci muoviamo. Ma tant’è. Bastano un paio di guitti catodici che prendono un po’ in giro quel politico e quell’altro e tutto va a posto. Basta fornire l’uomo forte quando nessuno sa più dove sbattere la testa e per un po’ ci si illude di stare tranquilli. Ma non durerà. Non può durare perché esiste un momento nel quale i nodi vengono al pettine e ci si dovrà rendere conto che il benessere non sta nel produrre tanta canna da zucchero e tanto petrolio per fare tanto carburante per andare di qua e di là senza meta. Lo so sembrano solo idee pseudoalternative di gente poco credibile che non ha i piedi per terra e non si rende conto che sono l’energia e il denaro che servono per tirare avanti. D’altra parte esiste qualche possibilità, concedetelo, che quando le persone “giuste” si accorgeranno che la tecnologia, da sola, avrà creato un mondo un po’ più confortevole per qualcuno, ma totalmente senza sogni per quasi tutti, forse, potrebbe essere tardi.

SI…PUO’…FARE!!!

Solo l’infanzia, coi suoi sogni, può riportarci a vedere il Mondo con Unaltrosguardo.

Non c'è niente da insegnare, ma solo da scambiare. Trovo che i bambini, di tutte le parti del mondo, ci facciano mettere profondamente in discussione -

Non c’è niente da insegnare, ma solo da scambiare. Trovo che i bambini, di tutte le parti del mondo, ci facciano mettere profondamente in discussione –

Il Progetto ParaTi/Unaltrosguardo procede e si sviluppa, aprendo nuove opportunità e nuove strade per la diffusione di una cultura del dialogo, della condivisione, della partecipazione, del confronto non competitivo, dell’amicizia, della solidarietà, della pace. Sembra troppo, lo so. Ma vogliamo dare un segnale, oltre a dare il nostro davvero minuscolo contributo occupandoci di un’ottantina di bambini e della loro comunità. I bambini di strada solo in Brasile sono 7 milioni. È per tale ragione che continuiamo a comunicare. L’obbiettivo è quello di dimostrare che lavorare per i sogni è possibile, anche se spesso le difficili condizioni finanziarie, politiche, sociali ed economiche non ce lo permettono. Ragione di più per continuare a provare. Per questo motivo sto realizzando una piccola pubblicazione che mostra alcune delle cose fatte dal 2006 al 2014, in particolare con diversi grandi artisti e creativi culturali, più e meno famosi, e altre numerose persone che sono state coinvolte, che in questa occasione fungeranno anche da testimonial del nostro progetto.

2006. Realizzazione di Lidia Urani e Mauro Villone del libro Unaltrosguardo, fatto con le foto scattate dai bambini dai 6 ai 12 anni, di Para Ti.

2007. Mostra delle foto del libro Unaltrosguardo realizzata con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura di Rio e con l’aiuto di Maria Pace Chiavari, per la rassegna internazionale FotoRio dell’antropologo Milton Guran.

2008. Intervento dell’attore e regista teatrale Ivan Tanteri che ha realizzato uno spettacolo di strada coinvolgendo i bambini di Para Ti, gli abitanti di Vila Canoas e la locale banda di Samba “La Furiosa”.

2009. Apre i battenti la Boutique “Madeinfavela”. Vengono studiati e commercializzati capi di abbigliamento, accessori e oggetti per diffondere la cultura locale e autofinanziare il progetto. Luciano Lima, artigiano-artista di favela realizza diversi lavori per Para Ti e viene ospitato nella boutique.

2009-2011. Battuta d’arresto. Una difficilissima situazione di salute familiare ci ha impedito di proseguire nei progetti e ci ha costretto a una totale riorganizzazione per ripartire più forti e motivati di prima. Vengono realizzati tre nuovi spazi all’aperto.

2011. Esponiamo nel nostro Turin Photo Festival le foto degli occhi dei bambini di Para Ti. Opera realizzata da Mauro Villone e Lidia Urani.

2012. Realizzazione del video “Mira” della cantante di jazz-blues di Philadelphia Melody Gardot. E con il suo staff proveniente da USA e GB.

2012. Apertura ai volontari con l’intervento di Giulia e Chiara Cappellini che hanno realizzato laboratori creativi e una performance dedicata alla grande cantante brasiliana Carmen Miranda.

2012. Viene intensificata la partnership con la Casa do Menor di Padre Renato con l’obbiettivo di operare insieme per la denuncia sociale e l’aiuto ai ragazzi. Padre Renato diventa per noi un punto di riferimento sociale e umano. Da lui abbiamo assorbito il concetto di Pedagogia-Presenza.

2012. Pheel Carlos Balliana, cantante italiano di rilievo internazionale, il quale ci ha introdotto a Melody Gardot, progetta, insieme a Melody, la realizzazioen di un laboratorio musicale per i bambini. Insieme a Joao Henrique Carlos realizza interventi creativi di pittura del viso con i bambini.

2012. Mauro Villone continua a realizzare il laboratorio di Pizza Italiana con i bambini.

2012. Lanciamo nel nostro Turin Photo Festival il Premio di Fotografia Sociale Franco Urani. Vinto da Marco Bottani.

2012. Aziza Karrara imprenditrice di Torino italo-egiziana fornisce con la sua azienda, produttrice di colori, stencyl e accessori per l’arredamento creativo, materiali per laboratori con i bambini. Aggiunge una significativa donazione in denaro. Regina Fernandes, docente all’Università di Rio e grande esperta di colore e comunicazione visiva, tiene alcune lezioni utilizzando questi materiali.

2012-2013. Realizzazione della ParaTi Guesthouse per ospitare le residenze d’artista e per autofinanziare il progetto.

2013. Prosegue l’attività con i volontari provenienti da Italia, USA, Uruguay, Francia, Germania. La danzatrice francese Flore Morel tiene alcune lezioni di danza a Para Ti.

2013. Marcelo Dantas, pittore di grande talento della favela Rocinha inizia a vendere le sue opere nella boutique “Madeinfavela”. Affresca sei camere della Guesthouse e tutte le aule e gli spazi del Centro per i bambini.

2013. Iazaldir Feitoza, ex bambino di Para Ti e ragazzo di favela, diventato campione internazionale di corse in montagna, tiene un workshop su Sport e Salute ai bambini di Para Ti.

2013. Domenico Villone e Gladys Mosso si recano in visita a Rio e Para Ti. Domenico realizza un laboratorio creativo con i bambini insegnando a utilizzare materiali di recupero per costruire plastici e un teatrino con i burattini. Gladys, costretta in sedia a rotelle dona la sua Presenza ai bambini.

2014. Marco Bottani, fotografo professionista, specializzato i fotoreportage sociale, vincitore al Turin Photo Festival 2012 del Premio di Fotografia Sociale Franco Urani, viene ospitato a Para Ti Guesthouse per una residenza d’artista.

2014. Antonella Puggioni, viaggiatrice e organizzatrice di eventi e allestimenti, rinnova la boutique “Madeinfavela” di Para Ti. Dopo aver ospitato Para T nel 2013i al suo Festival di arte e cultura “I 4 Mondi” a Olbia.

2014. Ivan Tanteri, dopo gli interventi degli anni passati a Vila Canoas e, soprattutto, la Casa do Menor di Padre Renato, torna a Para Ti per una residenza d’artista. Sta realizzando un laboratorio teatrale con i bambini, utilizzando la sua lunga esperienza di grande artista-ricercatore e le sue metodologie creative pedagogiche.

2014. Con la cantante di jazz-blues di Philadelphia Melody Gardot, insieme a Pheel Balliana (Italia) e altri musicisti di rilievo internazionale come Pierre Aderne (Brasile) e Susana Travassos (Portogallo), stiamo gettando le basi per un progetto di formazione musicale per bambini e adolescenti.
2014. Con Rogerio Barros (attore e maestro di yoga) stiamo progettando un percorso educativo che include yoga, fotografia, teatro, gastronomia. Progetto della durata di un anno, rinnovabile.

2014. Iano Nicolò, musicista free-lance e cantante degli Arti&Mestieri e Elena Vecchi, pittrice, creativa ed educatrice saranno a Rio, ospitati da Para Ti, con i ragazzi del Centro Aquilone di Alba per una residenza socio-pedagogica e per tenere laboratori creativi con i bambini di Para Ti.

Che ne dite? Si può fare no?

Qui sotto il video di Melody.

 https://www.youtube.com/watch?v=C6X9uq05H74

 

E l’Amore?

Sono figlio della ripresa economica del secondo dopoguerra. Ovvero nato in una famiglia povera diventata nel corso degli anni ’60 benestante e non ho mai patito la fame o altro genere di privazioni.

Nonostante questo sono stato educato alla sobrietà e all’attenzione all’ambiente, alle persone, al senso della vita. La ragione è semplice. Mia madre nacque in Argentina da una famiglia di emigrati italiani ricchi, ma solo perché grandi lavoratori. Mio padre crebbe in Africa perché mio nonno era militare in Eritrea, ma con la guerra finì per un anno in campo di concentramento, per poi passare una serie di peripezie tali da fargli scrivere un libro, sulla fame, sulle mutilazioni, sulla malattia, sulla lotta, sulla povertà. A questo c’è da aggiungere che mio nonno materno morì presto di cancro, mia madre si ammalò di cancro prima che io nascessi. E io fin dalla nascita ho sofferto di una grave forma di emicrania che mi ha accompagnato tutta la vita, con frequenti crisi violente e invalidanti. Mia madre oggi sta benissimo, anche se in sedia a rotelle per via dell’amputazione di una gamba e tutta la situazione non solo si è stabilizzata, ma è più positiva che mai. Di sicuro non è stata una passeggiata. Nonostante questo sono stato, come molti della mia generazione e di quelle successive, un bambino viziato ed egoista. Fortunatamente il bagaglio di insegnamenti e di esperienze acquisite mi ha permesso di lottare per cambiare e per crescere, lavorando molto sul mio egoismo e sulla mia persona in generale. Di sicuro non è che sia diventato un gran che, me ne rendo conto, ma almeno ci provo.

Non è che goda come un riccio a raccontare gli affari miei, ma mi è funzionale per arrivare a raccontare quello che mi interessa, come vedrete se avrete la pazienza di continuare a leggere.

Per via della difficile situazione che si è dovuto vivere in famiglia molto presto i miei genitori si avvicinarono allo yoga e ad altre forme di spiritualità, inclusa quella cristiana. E io con loro. Praticavo anch’io le asana dello yoga e partecipavo a gradevoli ritiri spirituali cristiani in luoghi ameni per interi fine settimana. Fu per me un’esperienza molto positiva. Non sono mai entrato in conflitto con il mondo della spiritualità, nemmeno quello cristiano o cattolico. Il che non ha niente a che vedere con il “sistema chiesa”, che considero una truffa secolare perpetrata ai danni dell’umanità, ma questa è un’altra storia e non ha niente a che vedere con le persone di fede che credono personalmente in qualcosa. Così come il sistema politico-ideologico-militare ebraico-israeliano non ha niente a che vedere con la fede sincera dei singoli ebrei o delle persone di religione ebraica. Tanto per fare due esempi.

Nell’arco di molti decenni ho accumulato una quantità notevole di esperienze in quella che potremmo definire “ricerca interiore”, passando dallo yoga a una quantità di altre discipline che ora andrò a elencare. Non lo faccio per far vedere quanto sono bravo ed esperto, poiché non lo sono affatto, bensì solo per spiegare che ho praticato o comunque anche solo avvicinato una serie di scuole tutte utili per una maggiore comprensione della vita e di se stessi. Si tratta di una mia passione personale.

Lo yoga, la respirazione pranayama, il training autogeno, la meditazione profonda, il buddismo tibetano, il buddismo cinese e quello giapponese, la dinamica comportamentale, la dinamica mentale, lo studio dei mandala e dei chackras, la psicosintesi, lo spiritismo, gli insegnamenti di Osho e lo yoga di Sri Aurobindo, lo studio delle scritture del Vecchio e del Nuovo Testamento, l’esoterismo e l’alchimia, la psicologia junghiana, la meditazione profonda, gli esercizi tibetani, le costellazioni familiari e rituali, lo studio delle maschere e dei tarocchi, lo studio della filosofia in genere e della mitologia. Credo di non aver dimenticato nulla, tutte cose estremamente interessanti e molto utili per scoprire e comprendere di più di se stessi. Inoltre molte di queste discipline parlano anche dell’amore e della compassione. Specie il buddismo, che ho praticato per più tempo e pratico tuttora, pone molto l’accento sull’attenzione agli altri e sulla compassione. La compassione, in ultima analisi non è altro che la condivisione con altre persone di emozioni, esperienze e passioni sia positive che negative. Dal latino cum-patire. Questo è il punto chiave.

Molte scuole spiegano non solo che è importante la compassione e quindi l’amore per gli altri, ma invitano anche e condividere con essi la propria fede e/o la propria via spirituale per “dare anche a loro l’opportunità di cambiare”. C’è da dire inoltre che le scuole orientali sostengono il concetto di “karma” il quale (detto in estrema sintesi) è l’accumulo di azioni compiute da una persona nella passato e, per chi ci crede, anche in esistenze precedenti. Essendo il karma responsabilità in gran parte di ogni individuo va da sé che il cambiamento delle condizioni di vita, spirituali e mentali di una persona è in massima parte responsabilità di quella stessa persona. Senza dubbio il concetto è per lo meno accettabile.

Resta il fatto, anche tenendo conto di questo importante fattore (il karma), che la quasi totalità delle dottrine che ho elencato, per quanto interessantissime e illuminanti, spesso mi sembrano molto incentrate sulla persona e solo marginalmente nelle sue relazioni con il resto dell’universo. E, per quanto si affannino tutte a spiegare che l’ego è da ridimensionare e da tenere sotto controllo, sembrano quasi tutte molto interessate a migliorare le condizioni di vita, materiale e interiore, di individui facenti parte un élite di intellettuali-spiritualisti-praticanti. Ovvero, e qui comincio a venire finalmente al dunque, sembrano non troppo interessate alle condizioni deplorevoli e disastrose nelle quali versa ben più della metà della popolazione del pianeta. Di questo tema se ne occupano di solito le persone impegnate più che altro sul piano sociale, spesso politicizzate, ma non ultimi, questo va detto, i cristiani-cattolici. Sebbene io rifugga da questo sistema di credenze (e pratichi ben più volentieri il buddismo e lo yoga), la vita inaspettatamente mi ha portato a collaborare con preti e suore per quel che riguarda il tentativo di dare aiuto o per lo meno una mano a chi se la passa davvero molto, ma molto male.

Naturalmente è ben lontano da me il desiderio di fare apologia del cattolicesimo che trovo oltretutto un sistema truffaldino, arcaico e illogico. Considero inoltre la chiesa una multinazionale di ladri e corrotti affama-persone. Resta il fatto che le persone di fede in generale sono educate a prodigarsi per gli altri per lo più nell’ambito di questa dottrina e un po’ anche nell’ambito del buddismo. Mentre per quanto riguarda gli insegnamenti, in generale, di tutti gli altri, mi pare che l’interesse per il prossimo sia tutto sommato un accessorio anche se considerato importante. Per dirla tutta, molti dei meravigliosi e davvero illuminanti scritti di numerosi maestri mi sembrano spesso delle straordinarie seghe mentali.

A questa osservazione ci sono arrivato dopo numerosi anni di impegno in ambito sociale. Impegno che ho sviluppato sul piano dell’informazione, del lavoro manuale, dell’organizzazione e della raccolta di fondi per importanti progetti. In buona sostanza la conclusione è la seguente: la maggior parte delle persone sul pianeta, per tutta una serie di ragioni (perché no anche karmiche), non se la passa affatto bene. E le dottrine spirituali non sembrano così interessate a occuparsene a fondo. E chi pratica qualcuna di queste dottrine molto spesso è interessato a migliorare più che altro le proprie condizioni, quelle dei propri cari e del proprio entourage. Ovvero, per dirla con uno di quegli eufemismi a me molto caro, “di cambiare così a fondo da essere interessati a cambiare anche il mondo, guardando molto al di là del proprio naso, non gliene frega un cazzo a nessuno”.

Tutti parlano, a casa, al bar, in TV, al corso di yoga, in salotto, a letto, ma ben pochi agiscono. Troppo faticoso. Talmente faticoso che sono giunto a formulare una successiva ipotesi. Ovvero: mi sembra che l’amore deliberato possa essere una via iniziatica (anche se molto pratica e per l’appunto estremamente faticosa) volta alla riscoperta di se stessi e del vero senso della vita, addirittura superiore alle altre.

Parlo di amore deliberato (©maurovillone) e non, come si dice di solito, incondizionato, per la semplice ragione che, a mio parere, quest’ultimo non può esistere. Il motivo, a mio modo di vedere, è molto semplice. L’amore quando viene dato non può essere “incondizionato” poiché esiste sempre il motivo per darlo, anche nel classico caso di una madre nei confronti del proprio figlio, poiché per l’appunto si tratta di un amore profondissimo e fortissimo, ma dato proprio in virtù del forte legame che lega “naturalmente” le due persone.

Per cui “amore deliberato” mi sembra che indichi con maggior precisione la scelta di amare delle persone, magari pure sconosciute. Nemmeno in questo caso infatti si tratta di “amore incondizionato” poiché la scelta di amare è stata fatta deliberatamente con uno scopo: quello di crescere spiritualmente, di uscire dal proprio guscio di egoismo, oppure di provare la semplice soddisfazione di amare senza altri motivi pratici, sentimentali, biologici o comunque apparenti.

Per cui l’amore deliberato, il che potrebbe portarci, che so, a fare volontariato, oppure a cambiare radicalmente la nostra vita per dare “presenza”, soprattutto questa, ad altri (e perché no, anche a se stessi), o a qualsiasi altro tipo di impegno, avanzo l’ipotesi che potrebbe essere considerato una sorta di disciplina utile moltissimo alla propria vera crescita ed evoluzione di se stessi. Ma non dei se stessi altri dal prossimo, bensì dei se stessi interdipendenti da tutti gli altri, chiunque essi siano, in un cammino incredibilmente profondo e vero. Un cammino dove non esiste più alcuna differenza tra io, tu, alcuni altri, molti altri, sconosciuti, , animali, piante, aria, acqua, fuoco e rocce.

Si tratta solo di un’ipotesi, sia chiaro, la quale potrebbe non essere altro che un’ulteriore sega mentale di un nessuno qualunque quale io sono. Ma l’ho formulata per il semplice fatto che da alcuni anni le uniche cose o persone che mi fanno vibrare profondamente sono quelle rivolte a dare presenza a chi ne ha bisogno, nessuno escluso, compresi se stessi. In parole molto povere l’unica cosa che conta è l’amore, che nella nostra cultura viene di solito trattato come un interessante, anche se vitale, accessorio.

Ed è proprio la mancanza di esso che ci sta portando al cancro, alle malattie, all’abbandono, alla fine. E non il petrolio, i trasporti, il denaro, l’energia. Di questi ce ne sono a strafottere e dipendono da noi solo in minima parte. L’amore invece che è la nostra unica, vera e profonda funzione è la vera “Soluzione”.

L’Amore è figlio della Libertà, poiché solo una persona libera come un dio può concedersi il lusso di amare se stessi e gli altri e tutto l’universo, senza differenza alcuna. Naturalmente non io, che amo in modo maldestro e a volte informe, anche se mi sforzo di imparare quotidianamente a farlo.

Tutto il resto: renzusconi, chavez vari, putin, travagli-crozza, obami diversi, banche, puttane, militari e majorette non sono davvero che accessori, per non dire fuffa di secondo piano, dietro alla quale la maggior parte della gente spende la propria preziosa vita.

Per chi davvero vuole cambiare, non dico il mondo, basterebbe la sua umile esistenza, occorre invece davvero un coraggio da leoni per abbandonare la merda e onorare finalmente la propria vita, una volta per tutte, amando senza riserve se stessi insieme a tutto l’universo. L’unica Missione davvero Possibile.

Padre Renato abbraccia un transessuale dipendente da crack che vive abbandonato nella Cracolandia della Zona Norte di Rio de Janeiro

Padre Renato abbraccia un transessuale dipendente da crack che vive abbandonato nella Cracolandia della Zona Norte di Rio de Janeiro