Stati modificati di Coscienza

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Da moltissimi anni sono molto interessato e coinvolto nello studio degli stati modificati di coscienza. Preferisco chiamarli “stati modificati” anziché “alterati” per la semplice ragione che quest’ultimo aggettivo presuppone intrinsecamente una leggera connotazione negativa. Mentre stati modificati secondo me rende maggiormente l’idea di una variazione, spontanea o indotta, dello stato di coscienza. Si parla anche, nei casi più estremi, di “stati di allucinazione” e “stati di trance”, quando la modificazione porta alla percezione, sempre più forte, di altre realtà oppure di cose inesistenti.

L’argomento è ben poco conosciuto, nonostante tutto. Nonostante siano passati quasi 70 anni dalla scoperta dell’LSD e siano stati fatti innumerevoli studi riguardo al tema degli stati modificati in genere, si sa ancora poco su di essi, anche perché l’argomento non può essere trattato come qualcosa a sé, bensì deve essere riferito a quello che è in generale la coscienza nel suo insieme, anche quando non sopraggiungano modificazioni. Lo psicologo Charles W. Tart, della Stanford University, parla nei suoi lavori di stati modificati rispetto a uno stato di coscienza di base preso convenzionalmente come punto di riferimento. Egli stesso spiega chiaramente due cose. In primo luogo come non si possa parlare di stato di coscienza, per così dire, normale, ma si possa solo pervenire a stabilire quale sia uno stato di coscienza di base, dal quale partire per indurre modificazioni. In secondo luogo spiega come tali modificazioni possano essere solo di natura “discreta”, ovvero procedano a piccoli salti, come dei gradini di cambiamento da uno stato all’altro. Come avviene per gli stati energetici delle particelle subatomiche e per la distribuzione di massa nell’universo, che non sono continui, ma, per l’appunto, discreti.

Il tema in oggetto è stato più volte affrontato da studiosi, dalla letteratura, dai media, ma tutto sommato è ancora molto poco conosciuto, anche se fa ampiamente parte della storia dell’uomo. Stati modificati, soprattutto legati a credenze e religioni, sono descritti da libri antichissimi, soprattutto sacri o religiosi, come i Veda, la Bibbia, il Popol Vuh e molti altri. La disciplina dello yoga e le discipline psico-spirituali in genere sono proprio basate sulla ricerca scientifica della modificazione della coscienza. Questo accade proprio perché è del tutto intuitivo il fatto che, per percepire realtà più profonde e supernormali, non è sufficiente agire con i normali strumenti della coscienza di veglia più o meno accettata come quella standard. Occorre riuscire ad espanderla per poter percepire qualcosa d’altro. Uno dei dibattiti più accessi dalla notte dei tempi ad oggi è se questo qualcosa sia di natura reale oppure no. Naturalmente questo dilemma se ne trascina dietro un secondo immediatamente. Ovvero: cos’è la realtà? Cosa possiamo definire come realtà?

Mentre impazza la polemica che forse potrà pervenire e una soluzione o forse no, una cosa che chiunque può fare è la sperimentazione personale. Con lo yoga, la meditazione profonda, la meditazione trascendentale, ma anche con la danza, il teatro e mille altre discipline.

Gli stati modificati, in ogni caso, sono generalmente considerati dall’opinione pubblica, standardizzata e nutrita di disinformazione televisiva e altre droghe tecnologiche e mediatiche, come un tabù, qualcosa da cui stare alla larga. Specie se questi stati modificati sono indotti da droghe di vario genere.

E qui entriamo nel delicato e in uno dei temi più controversi e misconosciuti degli ultimi due secoli.

Baudelaire e i suoi amici, riconosciuti dalla letteratura ufficiale come grandi scrittori, non fumavano l’hashish, bensì lo ingerivano. Con questo tipo di assunzione gli effetti perdurano più a lungo. Erano forse i primi, nella società occidentale moderna, a fare uso di droghe, in aperta polemica con gli standard dei benpensanti dell’epoca. Tutte le altre occasioni passate nelle quali si utilizzavano stupefacenti erano legate a culture che le accettavano normalmente come facenti parte dell’insieme di usanze e comportamenti. Questo vale per le civiltà antiche di Roma e della Grecia, dell’India e molte altre. Lo stesso vale per le sostanze utilizzate dalle streghe, ancora in epoca storica, come la Datura, l’Aconito, la Belladonna e il Giusquiamo, che erano legate a precedenti culture (come per esempio quelle celtiche e nordiche) sopraffatte e spazzate via da quella occidentale. Al di là dell’utilizzo di droghe, in queste culture, la modificazione dello stato di coscienza era vista come normalissima e per lo più legata alla ricerca spirituale e all’afflato religioso. Solo nella nostra cultura occidentale tale ricerca viene vista come il diavolo ed è ufficialmente repressa e perseguita.

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La ragione è semplicissima: modificare lo stato di coscienza permette di allargare la propria visuale e di osservare le cose da punti di vista differenti. Permette inoltre di percepire realtà diverse che spesso mettono pesantemente in discussione tutta l’impalcatura sulla quale si regge, malferma, la traballante costruzione schiavista della civiltà occidentale. Una delle prime cose ad essere vietate in qualsiasi regime totalitario, di destra, di sinistra, di sopra e di sotto, sono sostanze stupefacenti e movimenti spirituali, a meno che non si conformino al potere costituito e gli tengano bordone. Come, per esempio, la chiesa cattolica con il fascismo e lo shintoismo con il governo di destra giapponese dello stesso periodo.

La repressione, paradossalmente, è ampiamente aiutata dai produttori e spacciatori di droghe sintetiche, come cocaina, morfina, eroina, ecstasy, crack, colle e altre schifezze simili, continuamente aggiornate o inventate. La spaventosa diffusione di questi veleni è dovuta principalmente a una enorme richiesta. Richiesta amplificata da un altrettanto enorme disagio, ma che parte da una necessità, probabilmente innata nell’esser umano, per l’appunto di modificare lo stato di coscienza. Tale necessità, misconosciuta o comunque repressa, ha portato nei decenni alla situazione spaventosa che vediamo oggi. Ovvero milioni di persone dipendenti da sostanze chimiche di sintesi, che non fanno altro che aspettare la morte dopo aver passato una vita di fallimenti dopo fallimenti, ma soprattutto all’insegna di una totale mancanza di amore.

Se ci fate caso spacciatori e luridi mafiosi  e narcotrafficanti vari fanno i loro business solo ed esclusivamente da droghe sintetiche. Sostanze di sintesi come la cocaina e l’eroina, che derivano sì in origine da piante come la coca e il papavero, ma che sono del tutto manipolate. Unica eccezione la marijuana, anch’essa però ultimamente abbondantemente manipolata. Gli allucinogeni potenti non hanno un mercato nero parallelo, poiché sono troppo impegnativi e non si possono assumere solo per divertimento. Le droghe comunemente spacciate sono perlopiù narcotici o stimolanti e non allucinogeni.

Ai cervelli totalitari questa situazione fa molto comodo, poiché possono additare un folto gruppo di persone come i drogati cattivi da sterminare e dei quali non seguire l’esempio. Mettendo in tale calderone chiunque assuma qualsiasi sostanza. Senza peritarsi di approfondire e capire che ci sono differenze profonde. Anziché peritarsi di capire per quale ragione tanta gente provi disagio, cerchi di fuggire chimicamente oppure cerchi, maldestramente, di esplorare le infinite possibilità della coscienza, oppure faccia della seria ricerca psico-spirituale.

Anche un ghiro alcolizzato si rende conto che assumere intrugli chimici velenosi sia assurdo. Purtroppo questo accade poiché chi ha bisogno di aiuto viene abbandonato a se stesso da questo sistema di merda ed essendo le droghe vietate, punto e basta, si lascia in totale balia della delinquenza comune o organizzata la loro produzione e distribuzione. I risultati li conosciamo tutti: veleno, morte, violenza, miliardi per produrre altra violenza, prostituzione, armi, ulteriore controllo, addirittura inquinamento pesante di quello che potrebbe anche essere un sistema capitalista sano. Un sistema perfetto per chi vuole controllare con la violenza e la paura tutta la situazione.

In tale sistema l’impiegato e il dirigente benpensanti fanno la loro grossa parte, voltandosi per non guardare o additando i cattivi e crogiolandosi nel loro ben-essere fatto di altre droghe come la televisione, le auto e il calcio, che loro non percepiscono come tali, ma come chissà quali figate.

In ultima analisi, spesso, le persone che hanno disagi o semplicemente cercano amore o solo di capire di più sul senso della vita, rimangono soli. Ma disgraziatamente per il potere economico-culturale che l’ha messa nel culo a milioni di persone per decenni, le cose oggi stanno cambiando. Sono ormai numerosi in tutto il mondo i gruppi di ricerca culturale, sociale, spirituale, che si stanno dimostrando in grado di far fronte a questa situazione disperata e di cambiarla.

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In tale contesto si inserisce anche il tema sostanze/modificazione della coscienza. Si tratta di un tema ancora tabù per gran parte della popolazione. Per tale ragione sto scrivendo queste righe, per dare il mio contributo personale.

Anzitutto la prima osservazione da fare è quella relativa a quanto già sottolineato sulla differenza sostanziale tra sostanze stupefacenti di sintesi e altre naturali. È fondamentale. Le sostanze di sintesi sono perlopiù veleni prodotti per essere venduti e fare business sulla salute degli altri. Mentre le sostanze stupefacenti e allucinogene naturali sono prodotte dalla natura e la loro esistenza è oggi ancora tutto sommato un mistero. Per mettere subito le mani avanti e non perdere tempo poi con obiezioni banali, dico subito che sì è vero, anche il curaro e la cicuta sono naturali e uccidono. Grazie al cazzo. Anche lavorare come uno schiavo tutta la vita fa venire il cancro, ma non per questo il lavoro in sé è qualcosa di negativo. Anche l’ingestione di esagerate quantità di cibo o acqua può uccidere. E guardare la televisione e i videogiochi per molte ore al giorno manda completamente fuori di testa. Quindi, in buona sostanza, per cortesia, lasciamo perdere tali obiezioni poiché il punto è cercare di capire come stanno le cose. E dunque una cosa sono i veleni sintetici prodotti per fare business, altra cosa sono piante e erbe, utilizzate da tempi immemorabili, anche per produrre stati mistici.

Da tempi immemorabili culture antichissime, come quella dei Veda  per esempio, spiegano come fare a modificare la coscienza, per percepire l’essenza dell’universo più profondamente. Lo yoga, il controllo della respirazione, la meditazione sono alcuni di questi strumenti. Altrove si usano altre pratiche e, sempre da tempi immemorabili, in Europa, in Asia e nelle Americhe, sono state spesso utilizzate piante psicotrope di varia natura.

Ora, mettere subito in competizione, alla maniera occidentale, lo yoga e il peyote, a mio parere non serve a nulla. È chiaro anche a un topo morto che ingerire sostanze possa essere mediamente più pericoloso che controllare il respiro, ma è anche vero che non è troppo logico liquidare come “negativo” un sistema che viene utilizzato da millenni, spesso con risultati quanto meno interessanti.

Gli allucinogeni utilizzati per scopi spirituali, mistici o religiosi, non hanno niente di sintetico, sono del tutto naturali. Si tratta di piante e funghi, diffusi nelle foreste tropicali e delle zone temperate, dotate di proprietà psicotrope che non sono casuali. Ovvero alcune delle sostanze chimiche che le compongono sono adatte a legarsi con specifici recettori del sistema neurologico umano. Tale legame talvolta può causare una modificazione della coscienza, allucinazioni, stati di trance e mistici.

Prima osservazione: perché questo avvenga è ancora un mistero.

Seconda osservazione, utile per evitare di nuovo perdite di tempo e anticipare osservazioni ridicole di chi ha idee rigide. Una delle osservazioni più stupide che vengano fatte è che le popolazioni del passato inclini al misticismo e a una visione più olistica della vita si siano estinte e non siano state competitive. Niente di più falso. Nonostante la colonizzazione barbara degli europei le antichissime culture come quelle dell’India e dell’Asia in generale non solo sono sopravvissute, ma sono oggi addirittura all’avanguardia nella visione dell’universo. Sono grandi studiosi come Fritjof Capra che hanno sottolineato la convergenza tra antiche concezioni Vediche e fisica quantistica. Nonostante lo sterminio perpetrato da spagnoli e altri popoli europei violenti, e nonostante la distruzione di un patrimonio culturale immenso e antichissimo, le culture mesoamericane non solo influenzano ancora oggi il mondo, ma gruppi indigeni più o meno grandi sono riusciti a sopravvivere, salvando persino costumi e tradizioni che si perdono nella notte dei tempi. E poi non ci vuole una laurea in storia per rendersi conto che anche i grandi greco-romani si sono estinti. E allora? Sono i normali cicli storici, come potrebbe confermare un Toynbee qualsiasi.

Tra queste popolazioni ve ne sono diverse che, per entrare in contatto con le profondità di se stessi, con l’universo e con l’infinito, utilizzano sostanze psicoattive. Come migliaia o forse decine di millenni orsono siano giunti a conoscere queste proprietà delle piante e a utilizzarle in maniera corretta, è un altro mistero, che sarà oggetto di una mia prossima trattazione. In ogni caso ci troviamo di fronte a una tecnologia botanica e farmacologica di altissimo livello proveniente da chissà dove e sviluppatasi in tempi antichissimi. Fatto sta che la conoscenza delle piante, dei minerali, persino degli animali, del vento e di altri elementi naturali per la cura delle persone sul piano fisico, spirituale e della coscienza, di queste persone è profonda e grandissima. Così grande, lo dico a beneficio degli appassionati della pericolosissima razionalità, da interessare professori emeriti di biochimica, farmacologia, botanica e fisica quantistica delle migliori università del mondo. Come per esempio, tanto per citarne un paio, Richard Evans Shultz, eminente biologo dell’Università di Harvard, e Albert Hoffman, scienziato ricercatore della Sandoz di Basilea, scopritore dell’LSD nel 1938. Scrissero insieme, tra l’altro, il volume “Allucinogeni e Cultura”.

Per una serie di eventi sincronici dei quali non solo non mi stupisco più, ma che addirittura ormai riesco in parte a vivere attivamente, sono entrato in contatto a Rio con una delle popolazioni più strutturate in questo senso, anche se non sono certo i soli: gli Huni Kuin.

Si tratta di una popolazione che vive nelle foreste dello stato amazzonico dell’Acre, in Brasile, al confine con il Perù. Oggi sono più di tremila e il vasto territorio nel quale abitano è di loro proprietà. Sono portatori di una cultura antichissima, in parte misteriosa, che si perde nella notte dei tempi e che è molto ricca. Artigiani sopraffini e artisti. Molti di loro suonano, cantano, dipingono, modellano, creano. Essendo parzialmente in contatto con la cultura occidentale sono in grado di creare un ponte di scambio creativo interessante, cercando di fare attenzione a non distruggere le tradizioni. Oggi alcuni di essi sono laureati in diverse discipline, altri sono anche fotografi e videomaker di livello e altri ancora rappresentano presso gli enti politici federali, la loro tribù. Ma quello che è l’aspetto più interessante è la conoscenza straordinaria dei misteri delle piante, sia per scopi medici e farmacologici che spirituali. Sapienza così profonda e seria da interessare l’Università e il Giardino Botanico di Rio de Janeiro, il Governo Federale e altre università di tutto il mondo, e persino gli esponenti brasiliani della chiesa cattolica.

Sono stato testimone dell’incontro tra una delegazione di sciamani Huni Kuin e i dirigenti dell’Istituto di Ricerca del Giardino Botanico di Rio. Incontro nel quale si è sancito, tra le altre cose, l’intento di collaborare per la ricerca in futuro.

Gli Huni Kuin, insieme al Giardino Botanico, hanno realizzato un libro, fotografico e di testo, dove vengono illustrate le caratteristiche botaniche e gli usi terapeutici di centinaia di specie tropicali. Una grande vittoria e un grande riconoscimento per questo popolo e per tutte le altre popolazioni indigene, che loro potranno aiutare per un futuro prossimo riscatto. Perché non sono certo i soli. Le popolazioni indigene presenti sul pianeta che non hanno ancora perduto la loro sapienza sono per fortuna ancora abbastanza numerose. Si può fare molto.

Ma quello che degli Huni Kuin è affascinante è il loro profondo equilibrio, la loro serenità e, soprattutto, l’amore. Quello che hanno per se stessi, per la foresta, per gli altri, per gli spiriti. Non si tratta di qualcosa di affascinante per hippy vagamente sognatori e nostalgici, bensì dell’osservazione della loro concreta capacità, ormai collaudata da millenni di vivere in armonia e, oggi, vivere in equilibrio tra due mondi, quello indigeno e quello tecnologico.

Tra le loro caratteristiche si trova un forte misticismo, come lo si può trovare in molte popolazioni indigene. Hanno una forte spiritualità che vivono in serenità e condividono continuamente all’interno delle loro tribù, ma anche con gli occidentali con cui vengono in contatto. In poche parole danno la sensazione di essere tutt’altro che poveri indios perdenti, ma persone molto ben radicate a terra, concrete, che badano all’agricoltura, all’artigianato e al commercio, ma anche alle terapie fisiche e spirituali. Al tempo stesso sono capaci di sognare, di volare, di comunicare con gli spiriti, a livello sorprendentemente profondo. Per fare tutto questo utilizzano la meditazione e l’amore, ma anche le piante, che conoscono e utilizzano da migliaia di anni. L’inizio di questa conoscenza si perde nella notte dei tempi e della leggenda.

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In particolare utilizzano il succo di due piante allucinogene Kawa e Hunì, conosciute dalla tassonomia occidentale come Psychotria Viridis e Banisteriopsis Caapi. Come si sia pervenuti millenni orsono a scoprire che le due piante andavano miscelate (per ragioni, sa oggi la scienza occidentale, di carattere biochimico) rimane un mistero. Gli Huni Kuin dicono che tutto quello che sanno sulle piante è tramandato da nove milioni di anni di generazione in generazione e che il primo maestro degli antenati arcaici fu Jiboia, l’Anaconda Sacro. Su queste tematiche di ordine mitico e cosmogonico tornerò in futuro con altri scritti, poiché sono troppo complesse e ci porterebbero ora troppo lontano.

Quello che interessa sapere è che non si tratta affatto di quattro indigeni sballoni disperati, bensì di popoli con una fortissima identità, un passato antico, solide radici, una sapienza profonda e nei quali si trovano anche persone che sono state in grado di andare a insegnare in università occidentali. Questi ragionamenti valgono per numerosi altri popoli.

Questo genere di persone, abituate a vivere nella foresta, immerse nelle piante, ha un rapporto con esse e con la natura, estremamente profondo e articolato. Frequentandoli potrei dire di aver avuto la sensazione che, in qualche modo, siano essi stessi, in parte, delle piante. Sono clorofilliani. Hanno nell’aspetto spesso qualcosa che ricorda semi, arbusti, radici, petali. Credo che l’uomo occidentale, dipendente dalle piante né più né meno che come tutti gli altri, visto che anch’esso si ciba di semi (il pane, il riso), radici (le patate), frutti e ortaggi, debba recuperare il rapporto non solo con se stesso e la natura, ma anche con il mondo vegetale in particolare. Le piante non sono solo cibo, ma anche rimedio, abiti e rifugio. Con le piante si fa tutto, incluso nutrire gli animali che alla fine danno latte e carne. Per un occidentale ormai tutte queste cose non sono altro che prodotti di un supermercato o di un negozio, ovvero la “coscienza” di che cosa sia ciò che mangiamo o usiamo per vestirci è ormai ridotta quasi a zero. Per un indigeno le piante sono amici, spiriti che ci indicano la via, alleati, entità da amare. Fra queste anche quelle che chiamano le “piante del sogno”, le quali possono stimolare sogni speciali o le piante sacre del “cammino incantato”, che possono portare in volo a “vedere” l’universo e la propria vita in modo diverso.

Alla luce di tali considerazioni ho sperimentato su me stesso la miscela sacra delle due piante Kawa e Hunì: l’Ayahuasca. Ho vissuto un’esperienza interessante e profonda che ho raccontato perché amo condividere e lo ritengo proficuo sul piano culturale e umano. Il racconto si trova a questo link: Allucinogeni sacri – Ayahuasca.

Al di là di ciò, tutto quanto riguarda l’esplorazione della mente, della coscienza, della psiche è ancora all’inizio. Si stanno recuperando antiche tradizioni allucinogene, ma si usano ormai da decenni lo yoga, la respirazione, e altre pratiche. Credo che l’obbiettivo non siano certo lo sballo, o solo il recupero dello stress o il rilassamento, bensì la ricerca di una nuova coscienza, più espansa. Una coscienza che tenga conto di quelli che sono i veri obbiettivi e significati della vita umana, che non sarò certo io a enumerare, ma che mi permetto di ipotizzare non siano la competizione, il conflitto, il possesso e la sopraffazione. Queste ultime sono nient’altro che la vera barbarie. La vera società barbara è quella occidentale odierna, che senza dubbio ha prodotto cose positive come la chirurgia, internet, l’attenzione ai diritti umani, il land-rover e la pizza, ma pagando un prezzo altissimo in termini di devastazione del territorio, della natura e, soprattutto, di vite e anime umane. Nel complesso, sebbene si siano ottenuti in vari campi risultati ottimi, siamo al fallimento in termini di vero “ben-essere” e letteralmente nei pasticci per quanto riguarda una serie di problemi quali l’estinzione di diverse specie, la depauperazione delle risorse e del territorio, l’equilibrio naturale. Abbiamo vinto il vaiolo, ma siamo devastati dal cancro.

Naturalmente non sto minimamente dicendo che assumere allucinogeni sia la soluzione a questi mali, ci mancherebbe altro. E non ritengo nemmeno che tutto ciò che è antico e tradizionale sia meglio. Quello che dico è che dare attenzione a nuove, ma anche antichissime metodologie per lo sviluppo della coscienza e l’approfondimento di quella che è la nostra Vera Vita, sia fondamentale per un futuro di pace, armonia ed equilibrio sia personali che per tutta l’umanità.

Testo e foto: MVillone

This is the end…(my only friend)

Farneticazioni gioiose di un disadattato consapevole

Oggi ho avuto un’ispirazione. Non è un granché, visto che è molto simile ad altre ispirazioni avute in passato nel corso dei secoli. Comunque fatto sta che ho passato mezza giornata a girare per centri commerciali nella zona di Barra, a Rio de Janeiro. Non per bighellonare, ma per acquisti di lavoro.
Barra è un’area di Rio che, fino a una quindicina di anni fa era un magnifico deserto con una palude. La palude c’è ancora, incredibilmente, ed è tuttora pittoresca. Il resto invece è un delirio geometrico-edile. Un business-formicaio di grattacieli, uffici, negozi e, soprattutto, giganteschi centri commerciali. Vere e proprie cattedrali americane del nulla coi prodotti intorno. Nemmeno orrendi tutto sommato. Un niente può essere anche piuttosto piacevole, come una bellissima ragazza cretina, non cambia niente. Un trionfo del boom economico per classe media e medio-alta con negozi, bisogna riconoscerlo, anche molto belli e alcuni anche fichi, come quelli di musica per esempio. In uno ci ho comprato tre armoniche blues di fabbricazione brasiliana. Poteva andare meglio, ma avevano quelle. Il commesso era un gigante nero con la barba da mujaheddin e i lobi delle orecchie enormemente dilatati da due raffinati dischi di legno tropicale. Era simpatico, e tutto tatuato.
Quello che non andava erano i miei pensieri. Non ho l’idiosincrasia per il denaro, anzi. Serve, e io i conti li so fare, sia micro che macro. Il delirio edilecommerciale in cui ho girato oggi, sommato al petrolio e alle montagne di denaro spese per Coppa e Olimpiadi sono migliaia di miliardi. Cioè, in parole povere, ce ne sarebbe per tutti fino al dolce, al caffè e a due, anzi facciamo tre, cicchetti finali. Invece non è così. E mentre i ricchi, i benestanti, i poveracci della nuova classe media, i medio-alti e i medio-bassi spendono compulsivamente in queste cattedrali, per poi scoprire di avere il cancro a 40 anni o di aver fatto gli schiavi fino ai 70, due miliardi di persone sopravvivono a mala pena seduti per terra, con il vantaggio di non fare un cazzo dal mattino alla sera. I primi invece, per permettersi di farsi venire malattie, nascosti nella loro inconsapevolezza, comprando dolciumi, devono mettere sei sveglie in sequenza, dalle sei alle 6 e cinquanta, per alzarsi alle 7, nel freddo o nel buio e incolonnarsi a respirare monossido di carbonio, in un paesaggio di merda, per andare a fare gli schiavi in un posto che non è loro e che, quasi sicuramente, alimenta in qualche modo il sistema di sfruttamento.

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Ci deve essere dunque qualcosa dopo l’uomo. Forse aveva ragione Nietzsche, quando diceva: l’uomo non è che il termine di passaggio tra l’animale e il superuomo. Dobbiamo essere finiti però in un vicolo cieco. Io non ne so niente, per carità, si tratta solo di una sensazione personale, niente di più. Personalmente comunque non venderò mai la mia anima e nemmeno, più prosaicamente, il mio preziosissimo tempo, per avere cose che mi piacciono come fuoristrada, vestiti fichi, amplificatori, panini di peperoni con la bagna caôda e barbaresco. Se arrivano bene, se no, fanculo. Ho sempre fatto così e non è andata affatto malaccio. Oddio, non che sia stata una passeggiata, ma del risultato finale sono molto soddisfatto. È perché mi accontento di poco. Mi basta bighellonare per le strade, guardare le facce, respirare. Mi piace parlare con qualcuno di cose misteriose, della vita e della morte, dell’infinita e incomprensibile immensità nella quale ci troviamo, senza sapere perché. Di solito questi discorsi finisco sempre col farli con pescatori, contadini, portuali, vagabondi, poeti che fanno a 70 anni i camerieri in qualche tavola calda, persino avanzi di galera. Perché hanno lo stesso mio stupore da inetto nell’osservare la stranezza del mondo. E poi gli altri, i ricchi, gli intellettuali, i professori, gli arrivati non si interessano dell’infinito, con tutto quello che hanno da fare e da godersi. Non sono minimamente interessati alla morte e al ciclo di nascite e rinascite. Sono cazzate per emotivi, proprio come me, che mi commuovo tre o quattro volte al giorno, a volte di più.
Il disadattato consapevole, forse sarà patetico, ma si è accorto che tutto quello che c’è ora, non è nemmeno il Capitalismo. Magari lo fosse. Immaginate un sistema di mercato sano, che produce cose belle, con attenzione all’ambiente e a far lavorare, poche ore al giorno, tutti. Un sistema nel quale persone sane comprano quello che serve loro per godersi la vita e niente di più, indaffaratissimi, invece che nello shopping, a giocare con i bambini nel bosco, o sulla spiaggia. Un sistema con le sue brave strategie di marketing e le sue brave agenzie di pubblicità, che chiudono alle 2 di pomeriggio, perché il crepuscolo in collina è troppo bello, e non si può aspettare di camminare a fatica per goderselo una volta di più.

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Un capitalismo così, al di là del nome, di ideologie, di tutto, potrebbe anche essere accettabile. Ma quest’altro no, non più. È diventato ancora più fasullo della sua fasullità iniziale. È andato persino oltre le previsioni di Marx sull’alienazione. Sono alienati persino più degli schiavi, i padroni, ancora più schiavi dei primi.
Sono ormai decenni che giro per il mondo, e mi sono toccati ovviamente, anche i centri commerciali: in Europa, Cina, Sudamerica, India, tutti uguali, da venti, trenta anni, enormi e pulitissimi. Indipendentemente dal fatto che fuori a poche centinaia di metri ci siano quelli che vivono nei rifiuti. Non ha importanza, che ci siano o no, nessuna importanza. Un capitalismo così sta al capitalismo sano come un pervertito, che riesce a raggiungere l’orgasmo, solo se lo frustano mentre ha un carota nel culo, sta a una persona normale che gode, come Dio comanda, facendo l’amore con il suo compagno. È un mostro, nemmeno più un sistema capitalista. Come la guerra non è più nemmeno la guerra con i suoi eroi e le sue schifose regole. Si spara indifferentemente su uomini, donne, vecchi e bambini. Nemmeno più la malavita riesce a essere romantica: bestie senza alcuna remora che torturano, bruciano e seppelliscono vivi i nemici, e anche gli amici. Non è che siano delle novità per un pianeta che ha già visto il medioevo, lo schiavismo, i campi di sterminio. Nella migliore delle ipotesi non è cambiato nulla amici. Ma…non ci si doveva evolvere? Cioè in altri termini: ci hanno preso, o ci siamo presi per il culo.
Tutte queste farneticazioni mica solo per sfogarmi, ci mancherebbe. È che un’idea ce l’avrei. E vi dico francamente: piantatela lì di menarvela con le colpe, i doveri, le responsabilità. Dovete andare di corsa, ma sbrigarvi proprio, a salvare il bambino che eravate di fuori e che adesso è lì dentro, nascosto, che piange impaurito del casino che abbiamo combinato.

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A volte, quando bighellono e penso, mi vengono in mente gli stronzi e penso che Che Guevara aveva ragione, che ci vogliono i mitra e la dinamite. Mi basta respirare, coi polmoni, il diaframma, l’anima e il cervello, per una trentina di secondi per vedere come molto più ragionevole ed efficace una lotta non-violenta, come la intendeva Gandhi. Del resto uno potrebbe anche fregarsene, e morta lì, chi garantisce che si debba cambiare il mondo. Il fatto è che a stare seduti lì a guardare prima o poi ti viene voglia di alzarti e chiedere spiegazioni a qualcuno. È allora che ti accorgi che tante cose date per scontate non lo sono affatto. Come respirare, o il battito cardiaco. Per alcuni anche mangiare. E se è per quello in certi posti non è nemmeno scontato per le donne pisciare tranquille, obbligate come sono, a farlo per la strada…piena di stronzi, perché non è che i poveracci siano buoni, cosa credevate?
Allora respiri. E il respiro porta alla meditazione, e la meditazione alle tue profondità, e nelle profondità c’è qualcosa che ti dice quello che veramente, ma veramente, eri. E cosa sei venuto a fare su questo pianeta. Aahhh siiiii. Abbracciare, contemplare, scambiare, condividere. Con mille e mille persone guardare il sole, o le nuvole. Prima di tornare a casa.

Testo e foto: MV

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Meditação Infantil

Il magnifico video del nostro caro amico Rogerio Barros, insegnante di yoga e meditazione e videomaker. Il laboratorio di Meditazione “Meditação Infantil” che si sta realizzando al nostro Centro Para Ti a Rio de Janeiro. Sono rimasto emozionato.

Al link qua sotto

Meditação Infantil

rogerio sobrinho

Cracolandia

Una galleria di immagini sulla Cracolandia della favela Nova Holanda, complesso della Maré, a Rio de Janeiro, dove incrociano autoblinda, carri armati, jeep e camion dell’esercito, intimando la popolazione, con i megafoni, di gettare le armi, allontanare la droga, consegnare i trafficanti.

Ho trovato un ambiente diverso dalla mia ultima visita lo scorso anno. In totale abbandono, ma in qualche modo più strutturati sul piano psicologico. Forse più consapevoli. Li ringrazio per aver accettato il mio reportage. Padre Renato e i volontari (che sono in aumento), continuano a incoraggiarli andando sul posto ogni mercoledì, come ogni tanto faremo anche noi. Può darsi, come dicono i cinici detrattori, che non serva a nulla, ma, come recitava fernando Pessoa: “Tudo vale a pena se a alma nao é pequena”.

CLICCARE SULLE SINGOLE FOTO PER APRIRLE

Uma galeria de imagens sobre cracolândia da favela Nova Holanda, Complexo da Maré, no Rio, onde cruzan blindados, tanques, jipes e caminhões do exército, alertando a população, com megafones, para depor as armas, dechar droga, entregar traficantes.Eu encontrei um ambiente diferente da minha última visita no ano passado. No total abandono, mas um pouco mais estruturada ao nível psicológico. Talvez mais conscientes. Agradeço-lhe por aceitar meu relatório. Padre Renato e voluntários (que estão aumentando), continuar a incentivá-los, indo para o local todas as quartas, como de vez em quando nós também. Talvez, como os cínicos e os detratores dizem, isso não serve para nada, mas, como recitava Fernando Pessoa: Tudo vale a pena se alma nao é Pequena“.

Clique em cada fotografia para abrir

A gallery of images on Cracolandia in the favela of Nova Holanda, Maré complex, Rio de Janeiro, where cross armored, tanks, jeeps and army trucks, warning the population, with megaphones, to lay down their arms, move the drug traffickers deliver.

I found a different environment from my last visit last year. In total abandon, but somewhat more structured on a psychological level. Perhaps more aware. I thank them for accepting my report. Father Renato and volunteers (which are increasing), continue to encourage them by going to the place every Wednesday, as every now and then we will too. Maybe, as the cynics and detractors say, that all this is useless, but as recited by Fernando Pessoa: Tudo vale a pena se a alma nao é pequena“.

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Foto: ©mvillone

Questo bambino sta morendo

Questo bambino sta morendo

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Padre Renato dice la Messa intervistando uno a uno i cracudos

Padre Renato dice la Messa intervistando uno a uno i cracudos

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Padre Renato incoraggia i cracudos. Più che confessioni, dal vivo, parevano esorcismi

Padre Renato incoraggia i cracudos. Più che confessioni, dal vivo, parevano esorcismi

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Questo bambino sta morendo, accudito da Padre Renato e alcuni volontari

Questo bambino sta morendo, accudito da Padre Renato e alcuni volontari

Arriva una unità medica con due funzionari della prefeitura che lo portano in ospedale

Arriva una unità medica con due funzionari della prefeitura che lo portano in ospedale

 

Il lato oscuro…non solo del Brasile

Il lato oscuro…non solo del Brasile

Ragazzo Indio, Rio de Janeiro, Feira nordestina - Foto: ©mvillone

Ragazzo Indio, Rio de Janeiro, Feira nordestina – Foto: ©mvillone

Potrebbero tranquillamente essere le farneticazioni di un pazzo, me ne rendo conto. Ma se avrete la compiacenza di leggere fino in fondo potreste anche convenire con me che quanto prospetto potrebbe essere per lo meno possibile. Un comunicato stampa di Survival mi ha indotto ad anticipare leggermente un argomento di cui volevo comunque parlare e che ho già affrontato. Si tratta di un tema importantissimo che io ritengo addirittura fondamentale, ma misconosciuto e, addirittura, strategicamente passato sotto silenzio. I media di solito, oltre alle notizie che DEVONO essere sottolineate sul piano politico, devono anche fare i conti con quanto riguarda la fornitura di altre notizie che servono alla audience. Così apparecchiati è ovvio che avvenimenti fondamentali, magari non eclatanti sul piano del sensazionalismo o che non hanno troppo a che fare con le tasche dei lettori e che, per giunta, avvengono silenziosamente tutti i giorni, finiscono in genere nel dimenticatoio. Fino a quando non arriva un “esperto” che spiega che la situazione è grave o fino a quando non si muovono organismi di altissimo rilievo che DECIDONO che per tre giorni si deve parlare di quella cosa lì.

Venendo al dunque il tema di cui voglio parlare è lo sterminio sistematico di popolazioni indigene. Parlo soprattutto del Brasile solo perché mi trovo qui e solo perché Survival ha sollevato la questione brasiliana, ma lo sterminio sta avvenendo in tutto il mondo. È ovvio che, se le notizie che sembrano importanti sono, che so, Piersilvio che spiega come la sua presenza sia più importante a Mediaset che in politica, non potranno certo essere degli indigeni. Come quattrocento anni fa grazie agli spagnoli sono state cancellate dalla faccia della terra sapienze millenarie come quelle Inka, Maya e Azteche, oggi, grazie a tutti, viene cancellato quel che resta di aborigeni di ogni dove poiché non servono assolutamente a nulla. È ovvio. Se Mediaset, che vende fuffa, pubblicità e illusioni di ogni genere è importante (e in parte occorre riconoscere che lo è veramente, per lo meno perché dà da mangiare a innumerevoli famiglie, anche se sarebbe solo bello se parte di tutte queste energie fossero rivolte a temi DAVVERO importanti), gli indios non possono esserlo di sicuro. Naturalmente chiunque ha il sacrosanto diritto di mettere in dubbio questa visione. Io sono fra quelli. La ragione è semplice. La cultura occidentale, con tutta la sua tecnologia e le sue scoperte e i suoi premi Nobel (inventati da uno che produceva dinamite) non può essere in grado, da sola, a mio modo di vedere, di far fronte alle difficilissime sfide che ci attendono in futuro. Il fallimento della cultura tecnologica (presa da sola si intende) nella gestione del pianeta si è rivelato fallimentare. Chi non è d’accordo per coerenza dovrebbe farsi un bagnetto nel Pacifico non lontano da Fukushima, tanto per fare un esempio.

Il rapporto con gli altri, con l’ambiente, con le energie telluriche e sottili che hanno certe popolazioni arcaiche è a dir poco, ancora tutto da indagare. Antropologi e studiosi di sociologia e religione di altissimo calibro hanno più volte sottolineato questo problema. Il grande studioso di storia delle religioni Mircea Eliade sosteneva che “occorre riscoprire, grazie all’approfondimento di conoscenze indigene e arcaiche, quello che ancora resta di mitico in un’esistenza moderna”. Alcuni brasiliani pare la pensino diversamente. Secondo Survival durante un incontro pubblico lo scorso novembre il deputato Luis Carlos Heinze fece commenti razzisti contro gli Indiani del Brasile, gli omossessuali e i neri. Un altro membro del Congresso, Alceu Moreira, aveva poi invitato a sfrattare i popoli indigeni che cercano di rioccupare i loro territori ancestrali. Heinze, Presidente della Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati, ha dichiarato che “il governo… se la fa con i neri, gli Indiani, i gay, le lesbiche e tutti i perdenti. È per questo che vengono protetti e stanno controllando il governo.” (Ma dove? Che il governo è il primo a discriminarli, anche in vista di Mondiali e Olimpiadi – Corsivo mio).

Nel corso dello stesso incontro il deputato Alceu Moreira aveva invitato gli allevatori brasiliani a vestirsi “da guerrieri” e impedire che “truffatori come questi [probabilmente i sostenitori degli Indiani] mettano anche solo un piede nelle vostre proprietà. […] Riunitevi e formate grandi masse, e quando necessario sfrattateli [gli Indiani e i neri]!” I due deputati fanno parte della potente lobby agricola anti-indigeni, che sta facendo pressione sul governo per l’approvazione di una serie di leggi controverse che indebolirebbero drasticamente il controllo degli Indiani sui propri territori. In una lettera al Ministro della Giustizia brasiliano l’APIB, Associazione dei Popoli Indigeni del Brasile, ha affermato che queste offese fanno parte di “una terribile campagna di discriminazione, razzismo e sterminio dei popoli indigeni.”

I cambiamenti in discussione al Congresso sarebbero devastanti per le tribù brasiliane come i Guaranì, che hanno già perso gran parte delle loro terre a causa degli allevamenti e delle piantagioni di canna da zucchero. I membri della tribù subiscono le violenze dei potenti proprietari terrieri che spesso assoldano sicari per sfrattarli dalle loro terre e assassinare i loro leader.

“I sicari ci minacciano e vogliono ucciderci” ha detto un uomo Guaranì. “Vogliono portarci all’estinzione.” Sembra che la campagna elettorale del deputato Heinze sia stata finanziata dalla Bunge, il colosso dell’industria alimentare USA che compra canna da zucchero dalle terre rubate ai Guaranì.

Questo quanto riporta Survival. Posso aggiungere di mio, quale testimone diretto, che il governo dello stato di Rio de Janeiro, capeggiato da Cabral, non ha alcun rispetto degli indios e della loro situazione, trattati come animali infestanti. La stessa cosa avviene in Amazzonia e altri territori. Ma non basta. È ormai noto come esperti internazionali siano d’accordo nel ritenere la guerra alla droga in Sudamerica una battaglia persa nella quale ormai sono coinvolti, con i narcotrafficanti, governi, ministeri e persino frange della stampa ufficiale. Il crack, droga devastante di cui ho avuto modo di parlare più volte, si sta diffondendo nei villaggi indios più sperduti dell’interno del paese. Parrebbe essere una strategia di distruzione sistematica di intere popolazioni, poiché dal crack finora nessuno ha mai fatto ritorno. La sostanza è che in Brasile e in tutto il Sudamerica (ma anche in altre parti del mondo) si vanno irrimediabilmente perdendo, oltre che delle persone (se vi sembra poco…), intere culture, conoscenze, strategie, tecniche. Naturalmente tutto questo non “fa notizia” specie se a fare notizia sono Piersilvio, Balotelli e una nostra delegazione che, a capo chino, va a mostrare i quadernetti con i compitini fatti alla Germania. O ancora i problemi come la Crimea, ormai secolari, che non sono altro che la fase successiva al mancato interesse vero per le istanze dei popoli. Il risultato finale, incredibilmente, mentre tutti sono concentrati (in parte giustamente, ci mancherebbe) sull’economia italiana o del proprio paese, per non perdere privilegi vari e l’auto nuova in leasing, ci sono ragazze che si prostituiscono, bambini che picchiano e insultano i genitori, la droga e l’alcol dilaganti tra i giovanissimi. Sta accadendo anche in paesi fino a poco tempo fa relativamente al sicuro da questi problemi proprio perché arretrati economicamente e quindi non facile preda del “è tutto dovuto”. Ma questi stessi paesi stanno cambiando, con lo sterminio di popoli e culture che avevano le loro regole e le loro tradizioni, sostituite dalla cultura dell’i-phone e del vuoto culturale. Possedere oggetti sembra più importante che acquisire cultura e valori. Non occorre essere dei grandi sociologi per rendersi conto che la mancanza di rispetto per i popoli nativi non è che una delle cause del nulla verso il quale ci muoviamo. Ma tant’è. Bastano un paio di guitti catodici che prendono un po’ in giro quel politico e quell’altro e tutto va a posto. Basta fornire l’uomo forte quando nessuno sa più dove sbattere la testa e per un po’ ci si illude di stare tranquilli. Ma non durerà. Non può durare perché esiste un momento nel quale i nodi vengono al pettine e ci si dovrà rendere conto che il benessere non sta nel produrre tanta canna da zucchero e tanto petrolio per fare tanto carburante per andare di qua e di là senza meta. Lo so sembrano solo idee pseudoalternative di gente poco credibile che non ha i piedi per terra e non si rende conto che sono l’energia e il denaro che servono per tirare avanti. D’altra parte esiste qualche possibilità, concedetelo, che quando le persone “giuste” si accorgeranno che la tecnologia, da sola, avrà creato un mondo un po’ più confortevole per qualcuno, ma totalmente senza sogni per quasi tutti, forse, potrebbe essere tardi.

Unaltroviaggio a Rio de Janeiro

Testo di Mauro Villone – Foto di Mauro Villone e Lidia Urani

Il Brasile sta vivendo un momento molto particolare. Uscito in meno di dieci anni, nell’immaginario collettivo, dal limbo dei paesi del “terzo mondo” si è avviato verso uno sviluppo industriale, commerciale e produttivo senza precedenti. Lo sviluppo è legato anche allo sfruttamento di fonti di energia di diversa natura. Non si tratta di una situazione meravigliosa nonostante le apparenze poiché lo sfruttamento del territorio pregiudica la salvaguardia dell’ambiente e delle popolazioni indigene.

D’altra parte invece lo sviluppo turistico, ancora contenuto, tende ad essere responsabile e consapevole. Così è ancora largamente possibile esplorare un paese autentico, ricco di tradizioni, splendido sul piano ambientale, poco contaminato sul piano umano e culturale, sia nelle aree rurali che in quelle urbane.

In particolare Rio de Janeiro, la Cidade Maravilhosa, realmente una delle più incredibili città del mondo, sia sul piano umano che su quello ambientale, riserva una quantità enorme di sorprese, persino per i suoi stessi abitanti. Il tessuto urbano si snoda tra oceano, lagune, montagne e foresta vergine. L’agglomerato urbano, vastissimo con oltre 7 milioni di abitanti, è estremamente vario e passa da tranquilli quartieri residenziali ad affollatissime zone commerciali, da viuzze tra antiche costruzioni a avenue dove torreggiano moderni grattacieli. Impossibile conoscerla tutta nell’arco anche di molti anni. Il turismo tradizionale solo ora sta timidamente volgendo il suo interesse verso attrazioni culturali che non siano i classici Pan di Zucchero e Corcovado. Lo stesso Carnevale è tutto sommato ancora un mistero per i viaggiatori e persino per gli stessi Carioca.

Difficile indicare per Rio de Janeiro una o più attrazioni sul piano turistico. La statua del Cristo Redentore è stata assurta a simbolo della città ed è senza alcun dubbio suggestiva. Ma in realtà quello che “fa” Rio è tutta la metropoli nel suo insieme e soprattutto i suoi abitanti. Una delle attività più interessanti è passeggiare per le strade dei quartieri centrali, lungo le spiagge di Ipanema e Copacabana, tra i Botequim (i tipici locali di ristoro, in realtà anche luoghi di ritrovo sociale e culturale).

Per questa ragione abbiamo ideato il progetto Unaltrosguardo. Il progetto è nato sei anni fa come laboratorio fotografico per i bambini che frequentano il nostro centro Para Ti, sito nella favela di Vila Canoas. Hanno realizzato immagini talmente belle da meritare l’esposizione in mostre e gallerie in Brasile e in Italia. Ci siamo accorti che la visione proposta dai bambini era molto diversa non solo da quella degli adulti, ma anche da quella di altri bambini nel mondo. Il progetto Unaltrosguardo si è quindi evoluto diventando via via un blog, una rubrica sul giornale www.lastampa.it e ora una proposta di viaggio alternativo. Per l’appunto Unaltroviaggio, parte dei cui proventi sono impiegati proprio nello sviluppo del progetto sociale Para Ti.

Con Unaltroviaggio intendiamo proporre a viaggiatori consapevoli e responsabili la visione di un mondo profondamente umano ed emozionante, ma anche incredibilmente divertente e pieno di energia. Di seguito un rapido excursus, corredato di immagini, su una selezione di alcune delle nostre proposte. La quantità di stimoli offerti da Rio de Janeiro e dalle aree limitrofe è enorme. Tanto è vero che stiamo progettando un libro, in parte fotografico e in parte guida di servizio, che possa dare un’idea. Senza alcun dubbio non è facile sintetizzare in poche pagine la nostra proposta, ma ci proveremo con una stretta selezione di testi e immagini.

Per cominciare queste sono alcune belle (e stereotipate) immagini di Rio

Rio de Janeiro è molto di +

Base del viaggio a Rio è Guesthouse Para Ti, accanto al centro omonimo. I nostri ospiti possono pernottare in confortevoli stanze, alcune delle quali arredate con accessori di design, prodotti con materiali di riciclo da artigiani specializzati. Altre stanze e suite si trovano in Villa Urani, casa museo che ospita reperti raccolti in tutto il Brasile dalla famiglia Urani in 30 anni di viaggi per il paese.

Nel Centro Para Ti è possibile partecipare alle attività con i bambini e altre attività culturali che vengono organizzate ogni anno dalla direzione. Attività ludiche, workshop, doposcuola. Da Para Ti passano ogni anno 14.000 viaggiatori responsabili interessati alla favela e ai progetti sociali, molti artisti e i padrini che adottano i bambini a distanza. Talvolta i padrini vengono a Para Ti dall’Italia a trovare i loro figliocci.

A Para Ti e Vila Canoas si è girato il video “Mira” della cantante di Jazz-Blues Melody Gardot, mentre Ivan Tanteri, artista e regista teatrale, direttore del Festival di Rieti, ha realizzato spettacoli di strada coinvolgendo la gente della comunità.

I bambini provengono da diverse favelas, ma soprattutto da quella limitrofa di Vila Canoas. Alcuni anni fa abbiamo realizzato un workshop fotografico con loro. Sono stati così bravi da meritare la pubblicazione in un libro e in alcune mostre in Italia e in Brasile.

Una troupe coreana fa un documentario alla Para Ti

Intervista di Rede Globo a Vila Canoas

Cucina brasiliana a Para Ti

Degustazioni di produzioni tipiche nella gastronomia di Vila Canoas

Escursioni nella foresta pluviale con guide esperte

Feste

Visite dei padrini che adottano a distanza i bambini di Para Ti

La favela di Vila Canoas è una piccola comunità dove è possibile conoscere l’ambiente e la vita di favela in assoluta sicurezza. Si possono anche frequentare i luoghi di ristoro tipici e gustare la cucina locale, povera, ma gustosa. Di seguito alcuni scenari tipici.

Vila canoas vista dalla terrazza di Para Ti, con sullo sfondo il Parco Nazionale della Tijuca

la montagna di Pedra da gavea che sovrasta la favela e l’abitato di San Conrado

Nelle immagini precedenti scenari e personaggi tipici delle favelas.

Madeinfavela

In Vila Canoas e altre comunità si trovano artigiani che sono uno dei fiori all’occhiello della cultura brasiliana. Molti utilizzano anche materiale di riciclo. La produzione è di un livello tale da indurci a creare il marchio Madeinfavela che produce, valorizza e commercializza prodotti artigianali di design per l’abbigliamento e l’arredamento. Alcune delle stanze di Para Ti Guesthouse sono arredate con produzioni Madeinfavela, che utilizzano materiali di riciclo.

Borse e accessori realizzati con gancetti di lattine.Per ulteriori info su Madeinfavela® vedi nostro sito www.parationg.org e http://madeinfavelabrasil.blogspot.org

Sottopiatti e accessori realizzati con carta riciclata

Borse realizzate con vecchi cartelloni pubblicitari

Cappelli realizzati con vecchi teloni di camion

Borse realizzate con vecchi dischi in vinile, tubu elettrici, sacchi della spazzatura

Sopra. accessori moda realizzati con erbadoro, prodotto naturale tipico brasiliano

Nelle immagini precedenti creazioni di design italo-brasiliane che utilizzano collane realizzate con semi tipicamente utilizzati dagli indios, camisete tipiche, nastrini, carta giornale, fondi di caffè, plastica, tessuti del carnevale, etc.

Nelle immagini precedenti giocattoli realizzati con materiali di riciclo: tappi plastica, nastro magnetico, pluriball, lana, nastro plastica, vecchio rasoio, rete di plastica, palline da ping-pong, etc.

Luciano, uno dei nostri artigiani che realizzano giocattoli, accessori di design, opere d’arte

Borsa realizzata con tele di vecchie sdraio

Vecchia borsa ricoperta di fumetti e plastificata

A 300 metri da Para Ti Guesthouse si trova la spiaggia di San Conrado, dove è anche possibile partecipare a voli in deltaplano e parapendio partendo dalla sovrastante Pedra Bonita. Nei pressi si trovano il Gavea Golf, uno dei campi più rinomati del mondo e Villa Riso, antica fazenda oggi centro per incontri mondani e culturali.

A meno di un chilometro da Vila Canoas si trova la favela della Rocinha, la più grande del mondo con centinaia di migliaia di abitanti, un ambiente e una vita del tutto peculiari, anche molto difficile. Alcuni dei bambini di Para Ti provengono da qui. Nella favela si trovano Boutequim tipici dove si può fare uno spuntino o cenare gustando specialità tipiche.

Dalla Rocinha si possono raggiungere le spiagge di Ipanema e Copacabana, ricche di vita e di locali tipici.

Il centro di Rio, con i quartieri Centro, Cinelandia, Catete, Carioca, Botafogo, Santa Teresa ha conservato molti suggestivi edifici di epoca coloniale e molte chiese, nonché palazzi istituzionali come il Teatro Municipale e la Biblioteca Nazionale, che si mescolano con architetture più recenti e grattacieli.

In centro si trovano numerosi Boutequim tra le strette viuzze e mercati tipici come quello permanente di Sahara, quello del sabato di Praça XV, quello domenicale di Praça Osorio e molti altri.

Girare per le strade senza meta è una delle attività più divertenti per partecipare alla street-life e gustare sia il cibo di strada che quello dei numerosi boutequim e di locali rinomatissimi come la Confeitaria Colombo, risalente al periodo coloniale francese.

Venditrice di pop-corn

Frutta e succhi per la strada

street churrasco

Tipici gamberi alla paulista, con aglio e olio

Self service a kilo

Churrasco

Moqueca di pesce

Moqueca di gamberi

Tipica Confeitaria Colombo, rinomato locale coloniale francese

È una città d’arte piena di artisti visuali e musicisti. La vita notturna si sviluppa soprattutto nel tipico quartiere di Lapa e nei suoi locali di Samba. Vecchi palazzi residenziali, di cui alcuni in rovina e altri in fase di recupero sono lo scenario in cui si muovono, soprattutto nei fine settimana, tra le strade e i locali notturni, personaggi di tutti i generi. Artisti, ballerini di samba, transessuali, prostitute, venditori ambulanti, musicisti, attori, visitatori animano la città antica, una tra le zone più vivaci della città.

Rio è praticamente tappezzata di graffiti. Sono legali, e i loro autori, artisti di altissimo livello sono esposti in gallerie di Los Angeles e altre città del mondo.

Ed è piena di musei e gallerie

MAM – Museo di Arte Moderna

Museo di belle arti

Museo Casa do Pontal

Museo Casa do Pontal – Artigianato tipico nordestino

Ma uno dei luoghi più tipici e quasi del tutto sconosciuto ai turisti è Fiera di San Cristovao, tipica del Nordeste, con spettacoli di autentica musica nordestina come il Forrò e dove si può acquistare letteralmente di tutto, dall’artigianato ai cibi alle erbe miracolose e si può cenare in loco.

Altri luoghi del tutto fuori dai circuiti turistici sono i Centri Spirita, dove per curare la gente nel corpo e nello spirito si incontrano medici ospedalieri, veggenti, medium, sciamani, fisici nucleari, astrofisici, psicologi, psichiatri, volontari, mistici, sacerdoti, infermieri. Posti incredibili, molto affollati dalla gente del posto tutti i giorni. Insieme alle feste religiose, agli sciamani metropolitani, ai curanderos indigeni, al candomblé, alla macumba e ai culti allucinogeni del Santo Daime e dell’Ayahuasca, rappresentano uno degli scenari mistico-religiosi sincretistici più complessi del mondo. Anche a Capodanno la gente si reca, vestita di bianco, sulle spiagge con fiori e candele, specie a Copacabana, dove si scatena anche uno degli spettacoli pirotecnici più grandiosi del mondo.

In questa e nelle immagini precedenti la Festa di San Giorgio

Macumba sulla spiaggia

Offerte di fiori e candele nella sabbia

Santo Daime: il culto allucinogeno dell’Ayahuasca

Capodanno a Copacabana

Cidade do Samba e Carnevale

Altro luogo ancora poco conosciuto poiché esclusivo della vita culturale Carioca è la Cidade do Samba, il posto dove nasce il Carnevale dalla progettazione alla costruzione e confezionamento di carri e costumi da parte di migliaia di volontari. Il Carnevale di rio è probabilmente la festa più scatenata e conosciuta del mondo, ma il dietro le quinte e, soprattutto, i suoi significati psichici e sociali profondi sono tuttora un mistero. Cidade do Samba e scuole di Samba sono le matrici del Carnevale indissolubilmente legate alla vita popolare e alle favelas.

Nelle pagine precedenti la follia del Carnevale per le strade, nel metrò e al sambodromo.

Il Jardim Botanico, essendo ai tropici è uno dei più rinomati del mondo. Ma la natura a Rio de Janeiro è padrona, e si possono fare escursioni nella foresta vergine sulle montagne che circondano la città.

Zona Norte. La zona nord di Rio è un’unica ed enormemente estesa favelizzazione. Non è certo prevista nei circuiti turistici consueti, ma si tratta di un’area interessantissima, sia per lo stile di vita e l’ambiente umano, sia per gli esercizi commerciali tipici. Vi si trovano una sociologia e un’antropologia completamente diverse dal resto della città e ancor più lontane dalla consueta vita cittadina europea. Si avvicina forse di più alle banlieu di Parigi e alle periferie delle megalopoli americane. In questi posti si trovano persone come il nostro amico Padre Renato che con la sua Casa do Menor da 30 anni salva i bambini di strada che in Brasile sono più di 7 milioni. Qui si svolgono numerose attività. Tra le altre il nostro amico Ivan Tanteri ha realizzato uno spettacolo dove gli attori sono stati proprio i bambini e i ragazzi di Padre Renato.

Nelle immagini precedenti alcuni ambienti della baixada fluminense, della zona norte, della Central do Brasile e in generale dei suburbi dove si svolge la vita della maggioranza, povera, della popolazione di Rio.

Nella Zona Norte , nella zona della Central do Brasil e nelle favela si trovano strutture, come il nostro Centro Para Ti, che sostengono bambini, ragazzi e famiglie e combattono contro il disagio e il narcotraffico. Una di queste strutture e il centro sportivo e di artigianato della Mangueira (foto qui sotto), un’altra è la Casa do Menor di Padre Renato.

I villaggi di montagna come Petropolis e la zona di Visconde de Mauà sono ancora incontaminati e vi si possono fare gite a piedi e a cavallo anche di diversi giorni. A cavallo e a piedi si può percorre la Estrada do Ouro, il cammino dell’oro che andava dalle miniere del Minas Gerais fino al porto di Paraty.

Nelle pagine precedenti le passeggiate a cavallo in montagna, le architetture tipiche dei villaggi, i locali aperti la sera e i luoghi dove si può pernottare, i paesaggi di montagna e dalle montagne sul villaggio coloniale di Paraty.

Paraty è una città coloniale patrimonio dell’Unesco con un passato storico legato ai pirati, all’oro, alla pesca, alla canna da zucchero e al commercio. Si trova in una baia disseminata di centinaia di isole, una sorta di piccolo mediterraneo con acque tranquille dove si possono effettuare escursioni in barche tipiche di legno anche privatamente. In città si possono anche effettuare escursioni con vecchie carrozze trainate da cavalli e sono numerosi i ristoranti tipici oltre che brasiliani anche argentini e italiani. Si pernotta in pousadas storiche molto eleganti ricavate da antiche ville coloniali.

Nelle immagini successive alcuni scorci della città coloniale di Paraty.

La zona sud-ovest di Rio de Janeiro è di recente urbanizzazione, ma “Barra”, com’è denominata, presenta alcune caratteristiche interessanti. In primo luogo il litorale chilometrico disseminato di boutequim tipici sulla spiaggia e animato da numerosissimi venditori ambulanti di cibi e artigianato. Retrostante il litorale si può esplorare una vasta laguna, dove si trovano ancora i jacaré (piccoli coccodrilli), con piccole barche oppure con imbarcazioni di maggiori dimensioni sulle quali è possibile cenare al lume di candela. Nella zona interna commerciale si può visitare un negozio con un’enorme esposizione di pietre dure e semipreziose talmente straordinario che potrebbe tranquillamente essere un museo. Vi si possono fare ottimi acquisti.

Pochi chilometri oltre poi si trova lo straordinario Parco Nazionale di Grumary, spiaggia e foresta incontaminate. Sia nel parco che nella foresta retrostante è pieno di ristorantini molto caratteristici dove si possono gustare pesce, crostacei e altre specialità in un ambiente tipicamente e totalmente brasiliano.

Prima di Barra si trova la foresta della Tijuca, parco nazionale, tra le montagne, come Pedra da Gavea e Pedra Bonita sulle quali si possono effettuare escursioni che portano a paesaggi mozzafiato. Nella Tijuca si possono effettuare escursioni con le nostre guide che hanno vissuto nella foresta fin da bambini e conoscono il linguaggio degli uccelli oltre alle piante utili e ai frutti commestibili.

Fazende del caffè

Nei dintorni di Rio si trovano numerose antiche fazende del caffè dove si può gustare l’atmosfera dell’antico passato coloniale ed effettuare suggestive escursioni.

Quilombo

I quilombo sono gli antichi insediamenti degli schiavi liberati. Si trovano nelle foreste di tutto il Brasile e quindi anche nello stato di Rio de Janeiro. Sono realtà ancora molto autentiche e vivaci che hanno mantenuto l’atmosfera di un tempo.

Niteroi

Nella prima cintura di Rio si trovano città moderne che presentano caratteristiche molto interessanti. Una è Niteroi, capitale dello stato di Rio. Interessante soprattutto per la vista sulla baia di Guanabara e Rio all’orizzonte e per le architetture avveniristiche come il ponte sulla baia e il museo di arte moderna di Niemeyer.

Rio de Janeiro è anche una città di forti contrasti. Vi si possono trovare anche luoghi storici ed estremamente eleganti, oltre alla già citata Confeitaria Colombo….

Atelier di designer famosissimi

Ristoranti di design

Ristoranti classici

Ma quello che rimane di Rio de Janeiro sono soprattutto le atmosfere

il calore umano

Le sue stranezze e la sua follia

PER ULTERIORI INFO SCRIVERE A: info@turinphotofestival.com